Trust per l’Arte Contemporanea, presentati gli interventi realizzati al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

L’Istituzione Bologna Musei ha presentato al pubblico due interventi realizzati al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna grazie al sostegno del Trust per l’Arte Contemporanea, istituito nel 2020, che ha come attuali disponenti BolognaFiere, la nostra Fondazione e la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e come donatore principale Gruppo Unipol:

  • la nuova sezione nella collezione permanente dal titolo Rilevamenti d’archivio. Le Settimane Internazionali della Performance e gli anni ‘60 e ‘70 a Bologna e in Emilia-Romagna, curata da Uliana Zanetti;
  • le nuove opere di Lisetta Carmi, Luca Francesconi e Valentina Furian, che entrano a far parte del patrimonio del museo.

Il Trust per l’Arte Contemporanea, primo esempio realizzato in Italia in questo ambito, costituisce e gestisce un fondo dedicato all’arte del presente, rappresentato dalle risorse messe a disposizione dai tre disponenti. Ad esso possono inoltre aderire ulteriori donatori che intendono impegnarsi direttamente per sostenere e valorizzare ulteriormente i suoi scopi.
Finalità del Trust è quella di contribuire al posizionamento della città di Bologna come una delle capitali del contemporaneo inteso in tutte le sue diverse espressioni, rafforzando, in questo caso, il ruolo del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna e dell’Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei.

Le azioni di valorizzazione realizzate sono coerenti con due dei principali obiettivi del Trust:

  • rendere note le esperienze storico-artistiche del territorio, per contribuire alla conoscenza e contestualizzazione dei fenomeni del contemporaneo;
  • consolidare e valorizzare le collezioni bolognesi pubbliche di opere di arte italiana dagli anni ‘50 a oggi, affinché il sistema dell’arte cittadino dimostri un costante interessamento all’ampliamento e aggiornamento della propria collezione a disposizione del pubblico, valutando acquisizioni che riguardino artisti trattati da rassegne presenti e passate.

Rilevamenti d’archivio. Le Settimane Internazionali della Performance e gli anni ‘60 e ‘70 a Bologna e in Emilia-Romagna

Sezione completamente nuova all’interno del percorso delle collezioni del MAMbo, è la prima iniziativa a carattere espositivo realizzata con il contributo finanziario e operativo del Trust per l’Arte Contemporanea. La mostra si inserisce in un programma di riallestimento “a tappe” delle collezioni del MAMbo, il cui filo conduttore è l’individuazione di specifiche congiunture geografico-temporali, riferite all’arte italiana degli ultimi decenni, delle quali il museo conserva significative testimonianze.

La nuova sezione si sviluppa come una sorta di regesto illustrato, volto a contestualizzare le Settimane Internazionali della Performance che si tennero tra il 1977 e il 1982 all’interno del ricco panorama di fenomeni creativi che caratterizzò l’intera Emilia-Romagna tra gli anni ‘60 e ‘70, coprendo un arco temporale che va dal 1967 al 1982.

Integrando la propria documentazione con immagini, documenti, filmati provenienti dagli archivi di altre istituzioni pubbliche e da raccolte private, il MAMbo tenta una prima articolata ricognizione delle connessioni intercorrenti tra diversi fenomeni coevi e tra manifestazioni culturali indipendenti ed eventi di natura istituzionale, con un progetto che si sviluppa attraverso 18 capitoli, ciascuno dedicato a un episodio significativo dell’evoluzione della Performance in Emilia-Romagna.

Pur rispettando una sequenza cronologica, la rassegna, intesa come una piattaforma aperta a ulteriori approfondimenti e aggiunte, consente al visitatore di cogliere, scorrendo tra i moduli dell’allestimento appositamente elaborato dallo Studio Pierluigi Molteni Architetti in collaborazione con D+ Studio, i molti rimandi possibili tra le varie vicende presentate. L’allestimento è infatti concepito come un dispositivo estetico-tecnologico-funzionale, flessibile ed estensibile, in grado di accogliere un racconto complesso composto con materiali eterogenei.
Prendendo le mosse dalle sperimentazioni di Pier Paolo e Lamberto Calzolari, Luigi Ontani, Gianni Castagnoli ed altri artisti attivi negli studi di Palazzo Bentivoglio alla fine degli anni ‘60 del XX secolo, la rassegna documenta altri episodi rilevanti di quegli anni, come Parole sui muri, manifestazione che si svolse a Fiumalbo nel 1967 e nel 1968, e la mostra Gennaio 70, prima rassegna italiana in cui comparvero video-opere e video-performance appositamente realizzate.

Vengono poi illustrate le partecipazioni di Gino De Dominicis e Franco Vaccari alla Biennale di Venezia del 1972, la presenza della performance nelle gallerie private bolognesi e le prime performance, rispettivamente di Fabio Mauri e di Gina Pane, eseguite alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna nel 1975 e nel 1976.
A un capitolo dedicato allo stand di Rosanna Chiessi e Peppe Morra ad Arte Fiera 1976 e all’attività di Rosanna Chiessi a Cavriago seguono le tappe dedicate alle attività didattiche di Giuliano Scabia e Gianni Celati al DAMS e al ‘77 a Bologna.

Su questo sfondo si colloca la presentazione delle sei edizioni delle Settimane Internazionali della Performance curate da Renato Barilli, Francesca Alinovi e Roberto Daolio, con un ulteriore capitolo dedicato all’evento Alla Ricerca del silenzio perduto. Il treno di John Cage che il compositore americano creò a Bologna nel 1978.

Le Settimane suscitarono fin da subito uno straordinario interesse e sono tra le manifestazioni più conosciute e studiate fra quelle realizzate al museo, sia per la presenza di artisti già famosi o destinati ad avere un’ampia notorietà internazionale in seguito, sia per le reazioni suscitate da alcune delle performance realizzate. Tra i 49 artisti che presero parte alla prima edizione del 1977 vi erano, tra gli altri: Marina Abramović e Ulay, Laurie Anderson, Vincenzo Agnetti, Renate Bertlmann, Giuseppe Chiari, Robert Kushner, Suzanne Lacy, Fabio Mauri, Hermann Nitsch, Luigi Ontani, Luca Patella, Vettor Pisani, Fabrizio Plessi e Christina Kubisch, Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian, Michele Sambin, Franco Vaccari.

In uno spazio contiguo alla nuova sezione, trasformato in sala video, è infine possibile vedere l’intera serie dei filmati realizzati da Mario Carbone per documentare sette performance della prima Settimana – quelle di Marina Abramović, Vincenzo Agnetti, Renate Bertlmann, Giordano Falzoni, Geoffrey Hendricks e Brian Buczak, Robert Kushner, Hermann Nitsch – e due documentari di Emanuele Angiuli sulla Bologna degli anni ‘70.

Oltre a rendere conto di eventi ed opere di carattere effimero, l’esposizione ha lo scopo di rendere intelligibili i documenti conservati presso il museo nella loro funzione sia di rappresentazioni immediate di opere estetiche immateriali, la cui trasmissione è resa possibile dai mezzi forniti dalla tecnologia, sia di fonti per la ricerca storica. In questo senso la mostra si propone anche come un contributo alla riflessione sulla natura peculiare degli archivi museali, che a tutti gli effetti costituiscono un patrimonio essenziale non solo per la memoria istituzionale degli enti produttori, ma anche come riferimenti imprescindibili per gli studi storico-artistici.

Gran parte della documentazione visiva presentata in mostra è stata eseguita da fotografi e registi che spesso prendevano autonomamente l’iniziativa di riprendere questi eventi, realizzando a loro volta opere di rilevante interesse estetico. Tra gli autori presenti nella rassegna compaiono Cesare Bastelli, Giuseppe Cannistrà, Mario Carbone, Barbara Berti Ceroni, Giovanni Giovannetti, Carlo Gajani, Silvia Lelli, Antonio Masotti, Roberto Masotti, Nino Migliori, Enrico Scuro.

Acquisizioni 2021 per collezione permanente MAMbo

Uno degli impegni assunti dal Trust è inoltre quello di garantire sostegno continuativo verso una politica di incremento del patrimonio artistico contemporaneo conservato nelle istituzioni culturali cittadine, con particolare riferimento al MAMbo, per consentirne uno sviluppo coerente con le linee guida e la vocazione storica.

Dal momento della sua istituzione, il Trust ha finora provveduto all’acquisto di sei opere destinate al museo, che arricchiscono e rinnovano in modo significativo le proposte espositive della collezione permanente a disposizione del pubblico: quattro opere fotografiche di Lisetta Carmi (Genova, 1924), una scultura di Luca Francesconi (Mantova, 1979) e un video di Valentina Furian (Dolo, 1989). Espressione di generazioni e linguaggi differenti, le acquisizioni sono state selezionate con una prospettiva di documentazione di alcune delle testimonianze più interessanti dell’arte italiana attuale.

Nel caso di Lisetta Carmi, si tratta di opere appartenenti al nucleo di fotografie realizzate tra il 1965 e il 1972, durante il periodo di frequentazione della comunità di travestiti abitante nell’ex ghetto ebraico di Genova, riprodotte nel volume I travestiti, pubblicato nel 1972, destinato a diventare un documento fondamentale nella storia della fotografia italiana. Carmi è tra i primissimi autori ad occuparsi dell’identità di genere, in un periodo storico di manifesta e diffusa ostilità. Dopo anni di oblio, solo recentemente l’eccezionale lavoro di attenta indagine e osservazione delle marginalità sociali compiuto dalla fotografa genovese è stato rivalutato e valorizzato. La crescente attenzione da parte del mondo istituzionale è testimoniata dalle molteplici iniziative espositive organizzate in anni recenti da diversi musei italiani, che contribuiscono a riconoscere Lisetta Carmi tra i massimi interpreti della fotografia sociale in Italia nella seconda metà del Novecento.

Luca Francesconi e Valentina Furian sono autori di due dei percorsi di ricerca più coesi e apprezzati dalla critica, tra quelli emersi negli ultimi anni in Italia.

L’indagine di Francesconi riflette sulla tradizione agricola e, più recentemente, sulla produzione alimentare strettamente legata ai concetti della coltivazione, suggerendo nuove prospettive sulla situazione critica della società dei consumi globalizzata. L’artista ha preso parte alla mostra AGAINandAGAINandAGAINand, collettiva a cura di Lorenzo Balbi, che si è tenuta al MAMbo nel 2020.

La pratica di Furian si concentra principalmente sulla progettazione di opere site-specific che trovano nel luogo la loro ragion d’essere, ma che al contempo vi si inseriscono silenziosamente creando nuove chiavi di senso. Fondamentale nella sua ricerca artistica il contesto per cui l’opera viene creata e dove continuerà a vivere. Il viaggio e la ripetizione sono altri focus del suo percorso artistico: il viaggio come racconto da testimoniare tramite l’opera d’arte; la ripetizione come esigenza di registrare la realtà di minime parti che prendono corpo all’unisono. Ultimamente la sua ricerca è entrata in rapporto con i fenomeni naturali da cui l’artista è attratta. Valentina Furian ha partecipato alla mostra collettiva curata da Lorenzo Balbi That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine, allestita al MAMbo dal 22 giugno 2018 al 6 gennaio 2019. Realizzata negli spazi espositivi del museo proprio in occasione di quel progetto espositivo, l’opera video Presente di Valentina Furian fa così ritorno al MAMbo, entrando a far parte della collezione permanente.

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