Persone
12/12/2025
Come vivono gli adolescenti nelle periferie delle città italiane e quali differenze li separano dai coetanei?
Il nuovo rapporto dell’Osservatorio #conibambini, nell’ambito della campagna Non sono emergenza promossa da Con i bambini, analizza in modo sistematico e con dati granulari città per città, quartiere per quartiere, lo stato del disagio socio-educativo nelle aree urbane italiane.
Dopo la pandemia, temi come povertà, dispersione scolastica e mancanza di spazi di socialità sono tornati al centro del dibattito pubblico, spesso però in un clima di allarmismo o sottovalutazione, complici informazioni frammentarie e pochi indicatori affidabili. Dopo la pandemia, infatti, diversi indicatori sono convergenti nel mostrare alcune criticità nelle città e nelle aree urbane densamente popolate.
Bambini e ragazzi restano la fascia d’età più spesso in povertà assoluta (13,8% contro una media del 9,8%). In media, nel 2024, il 12,3% delle famiglie in cui vivono minori di 18 anni si è trovato in tale condizione; la quota sale al 16,1% dei nuclei con minori nei comuni centro dell’area metropolitana.
Lo stesso vale per gli abbandoni scolastici precoci, pur in forte calo nel corso dell’ultimo decennio. Nonostante nel 2024 per la prima volta sia scesa sotto al 10% la quota di giovani che hanno lasciato la scuola prima del diploma o di una qualifica, la situazione resta più critica nelle città. Rispetto alla media nazionale del 9,8%, l’incidenza massima si raggiunge infatti nelle aree urbane densamente popolate dove si avvicina all’11%.
Tra i diversi segnali di disagio emersi durante la pandemia, negli ultimi mesi si è ripresentata con forza anche la questione dei comportamenti violenti tra adolescenti. La narrazione dei media su questo fenomeno è passata dall’identificare il caso delle violenze di gruppo a danni spesso di stessi coetanei con il fenomeno “baby gang” a quello impropriamente ormai noto come “maranza”. In questo fenomeno in realtà si celano i volti di ragazzi di seconde e terze generazioni nati in Italia, italiani, spesso in contrasto con la propria famiglia di origine (come accade in adolescenza), ma che faticano a trovare spazio nella realtà che vivono.
I primi studi disponibili registrano un aumento di questi episodi, seppur da leggere con cautela perché riferiti a un arco temporale ancora troppo breve per definire una tendenza stabile. Questo rapporto non entra nel merito di un fenomeno su cui non esistono attualmente dati disaggregati a livello subcomunale.
Tuttavia è utile comprendere i fattori sociali, educativi ed economici che spesso costituiscono il retroterra del disagio giovanile e che devono orientare la definizione delle politiche pubbliche. In questa prospettiva, risultano centrali le condizioni familiari, l’accesso all’istruzione, il ruolo della scuola e della comunità educante, insieme alla necessità di rafforzare presidi educativi, sociali e culturali nei territori più fragili, in particolare nelle periferie urbane.
Da qui la necessità di studiare questi fenomeni nelle città, indagando alcune dimensioni chiave.
Condizione di partenza
In città come Catania, Napoli e Palermo circa il 6% delle famiglie si trova in potenziale disagio economico, vale a dire nuclei con figli la cui persona di riferimento ha fino a 64 anni e dove nessun componente è occupato o percettore di pensione da lavoro. Si tratta di valori anche 4-5 volte superiori rispetto a quelli rilevabili in città del centro-nord. Dentro una stessa città, i divari possono risultare ancora più ampi. A Catania, ad esempio, a fronte di una media cittadina del 6,2%, si va dal 3,1% del Terzo municipio al 9,3% del Sesto. A Napoli, si va dal 3% di quartieri come Arenella e Vomero al 9,2% del quartiere di San Pietro a Patierno.
Percorso scolastico ed esiti educativi
La condizione di partenza si riflette troppo spesso sugli esiti educativi. Gli abbandoni precoci della scuola colpiscono soprattutto il Mezzogiorno. Ha lasciato la scuola prima del diploma delle superiori o di una qualifica oltre il 25% dei giovani a Catania, il 19,8% a Palermo, il 17,6% a Napoli. Si tratta anche delle città in cui oltre uno studente su 5 arriva in terza media con competenze del tutto inadeguate in italiano. La dispersione implicita ed esplicita resta elevata soprattutto tra i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate.
La quota di abbandoni precoci è infatti più elevata proprio tra i figli di chi non ha il diploma, con divari particolarmente ampi in città come Cagliari (16,3% le uscite precoci dal sistema di istruzione in media nel comune, quota che sale al 31,9% tra i figli dei non diplomati). Anche in questo caso pesano i divari interni alla stessa realtà cittadina: a fronte di una media del 16,3%, la quota supera il 25% in quartieri come San Michele, Marina, Cep; mentre in 6 quartieri è inferiore al 10%: Monte Mixi, Genneruxi, Monte Urpinu, Is Bingias – Terramaini, La Palma, Quartiere Europeo.
Giovani Neet
Gli esiti educativi si riflettono sul futuro dei più giovani. La quota di residenti tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano è più alta nelle realtà dove la condizione sociale di partenza è più difficile e dove anche il percorso scolastico risulta più critico. I comuni capoluogo di città metropolitana con più giovani Neet sono infatti Catania (35,4%), Palermo (32,4%) e Napoli (29,7%). A quota 20% circa, tra le altre, le due città italiane più popolose, Roma e Milano. La quota scende al 17,3% a Bologna. Anche in questa città dove il fenomeno è meno diffuso, comunque, la quota risulta molto più elevata in aree come Ex Mercato Ortofrutticolo (47,2%), Caab (39,8%) e Pilastro (29,6%), mentre i livelli più bassi si registrano nelle aree di Siepelunga (11,3%), La Dozza (10,9%), Scandellara (5,6%).
Servizi e scuole aperte al territorio
I dati appena visti segnalano una serie di ricorrenze: le città (e le zone subcomunali) con la condizione di partenza più difficile, sono spesso anche quelle con gli esiti socio-educativi peggiori. Un percorso nitido che collega, nella più classica “trappola della povertà educativa” la condizione di partenza familiare, l’accesso all’istruzione, gli esiti nella vita adulta. Offrire servizi e opportunità che rompano questo circolo vizioso è la principale sfida per le politiche pubbliche nel contrasto della povertà educativa. In questo quadro l’apertura pomeridiana delle scuole assume una valenza su tanti livelli diversi: presidio sul territorio, luogo sicuro per i giovani – specialmente nei quartieri più difficili – contrasto alla dispersione.
Tra le città si registrano forti divari: oltre l’85% degli alunni delle primarie statali frequenta scuole con il tempo pieno in città come Milano, Firenze, Torino e Roma, mentre sono meno del meno del 10% a Reggio Calabria e Palermo. Anche in questo caso, con differenze interne nelle città. A Palermo, a fronte di una media cittadina pari a circa il 5%, la quota supera il 30% nei quartieri Tribunali-Castellammare (47,4%) e Palazzo Reale – Monte Di Pietà (34%), mentre non raggiunge il 3% in 17 quartieri su 25.
Il quadro evidenzia una “trappola della povertà educativa”, dove condizioni familiari, accesso all’istruzione, rischi di abbandono e difficoltà nell’ingresso nel mondo del lavoro si alimentano a vicenda. Il rapporto invita quindi a superare letture generiche e stigmatizzanti del disagio giovanile, proponendo politiche pubbliche basate sui dati, integrate e capaci di agire sulle specifiche necessità di ogni territorio. Solo conoscendo a fondo le periferie sarà possibile ridurre i divari educativi e sociali che segnano la crescita degli adolescenti nelle città italiane.
La campagna “Non Sono Emergenza” e l’Osservatorio #conibambini
La campagna “Non Sono Emergenza”, promossa da Con i bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, affronta il disagio degli adolescenti proponendo una narrazione “altra”, partendo dai dati, dalle buone pratiche e dall’ascolto diretto dei giovani, per far emergere le dimensioni del fenomeno ma anche promuovere il protagonismo delle nuove generazioni.
L’Osservatorio #conibambini nasce dalla collaborazione con Openpolis per promuovere un dibattito sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte. Il principale contributo dell’Osservatorio vuole essere la creazione, nella modalità di data journalism, di una banca dati che consenta a operatori sociali, della comunicazione, media e PA, l’analisi di questi fenomeni non più e non solo in modo aggregato, solitamente nazionale o regionale, ma su scala comunale o sub-comunale. Ogni due martedì, l’osservatorio pubblica online aggiornamenti sul fenomeno della povertà educativa minorile.
Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile è nato nel 2016 grazie ad un protocollo di intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, con Governo e Terzo Settore ed è destinato “al sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori”. Per attuare i programmi del Fondo è stata costituita l’impresa sociale Con i bambini, un’organizzazione senza scopo di lucro nata nel giugno 2016 e interamente partecipata dalla Fondazione con il Sud. Attraverso bandi e iniziative, Con i bambini ha avviato oltre 800 progetti in tutta Italia, che coinvolgono 650 mila bambini e ragazzi insieme alle loro famiglie, mettendo in rete 10 mila organizzazioni, tra Terzo settore, scuole, enti pubblici e privati rafforzando le “comunità educanti” dei territori. I progetti sono stati sostenuti complessivamente con 500 milioni di euro.
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