Cultura
20/01/2025
Inaugurazione mercoledì 5 febbraio alle ore 15 nelle sale espositive di Casa Saraceni
La donazione da parte di Giovanni Barducci di venti dipinti di Maria Petroni è l’occasione per restituire alla pittrice, ora dimenticata, il posto di rilievo che, pur nella solitudine, occupò entro l’eterogeneo gruppo di artisti raccolti da Francesco Arcangeli, nei primi anni Cinquanta, sotto la denominazione di “ultimi naturalisti”.
Dopo aver frequentato, a Bologna, l’Accademia Regazzi sotto la guida di Pompilio Mandelli, Maria Petroni, spirito libero (“io che ero una rondine” avrebbe detto di sé accennando alla propria formazione), si iscrisse all’Accademia di Belle Arti dove frequentò, tra gli altri, i corsi di Virgilio Guidi entrando in contatto con critici d’arte e partecipando nel contempo ad alcune rassegne, a partire soprattutto dai primi anni Cinquanta.
Il passaggio dall’iniziale fase figurativa all’Informale fu precoce. Roberto Tassi nel 1961 individuò nelle opere dell’artista, “donna sensibile e vera”, un cammino stretto, omogeneo, sicuro. L’anno successivo Francesco Arcangeli proseguì definendola “una vera pittrice”, apprezzandone la tavolozza “limpida, densa e vibrante” e i segni “tesi e puri nella loro flessione”. Sono gli anni dell’avvicinamento a Vasco Bendini, dei superbi quadri informali in rosso e delle sgocciolature di colore (“nei miei dipinti esplodono e traboccano i rossi”, affermò), ma anche dell’intrico delle linee verticali e orizzontali in uno sperimentalismo che, negando le forme, non astrae dalla materia e dagli effetti sensuosi del virtuosismo pittorico.
Dal 1966 al 1973 sembra aver deposto i pennelli. Lasciò il suo testamento artistico in un lungo rotolo di tela colorata che, svolgendosi, dal bianco conduce al nero passando attraverso i colori principali.
Scomparve a Bologna nel 1977.