Inaugurato il cantiere per la realizzazione ad Argelato del Centro per il “Dopo di noi” e multiutenza che verrà intitolato a Padre Gabriele Digani

Si è svolta la cerimonia di posa della prima pietra per l’avvio del cantiere che porterà, ad Argelato, a creare un Centro per il “Dopo di noi” e multiutenza presso il complesso edilizio di proprietà della Fondazione Carisbo, in via S. Antonio 7, località Casadio.

I lavori, che dureranno 15 mesi e si concluderanno entro dicembre 2022, hanno come obiettivo il riuso per finalità sociali del complesso edilizio, che verrà intitolato a Padre Gabriele Digani, indimenticato direttore dell’Opera Padre Marella e socio della Fondazione. La stima dell’investimento complessivo è di circa 3 milioni di euro.

Alla cerimonia sono intervenuti, tra gli altri, il Presidente della Fondazione Carisbo, Carlo Cipolli, S.Em. Rev.ma Cardinale Matteo Maria Zuppi, la Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Elly Schlein, la Consigliera del Comune di Bologna, Cristina Ceretti, la Sindaca del Comune di Argelato, Claudia Muzic, il Presidente dell’Opera Padre Marella, Michele Montani.

La corte rurale di Argelato

Il complesso edilizio denominato “Corte Palazzo” è riveniente dalla donazione della signora Maria Grazia Cuccoli, deceduta nel 2008. Il complesso, di proprietà della Fondazione Carisbo, si trova nel Comune di Argelato e costituisce un classico esempio di corte rurale ottocentesca; esso è composto da due edifici principali: la Villa, destinata alla residenza, e un edificio adibito a stalla/fienile e deposito mezzi e attrezzi agricoli, oltre ad un fabbricato accessorio e di una corte alberata che attornia i fabbricati. La Fondazione ha predisposto il progetto di recupero globale del complesso che consentirà la riqualificazione dei fabbricati esistenti, con la valorizzazione di una corte agricola di importanza paesaggistica, storica e testimoniale che, altrimenti, sarebbe destinata ad un inesorabile degrado.

Lo sviluppo del progetto di riuso per finalità sociali

D’intesa con l’amministrazione di Argelato, la Fondazione Carisbo ha delineato un progetto di recupero dei fabbricati senza fini speculativi, ma in grado di fornire risposta alla pluralità di bisogni presenti e di creare una esperienza multidisciplinare innovativa per la specifica realtà locale, in un contesto di sostenibilità sociale, economica e ambientale. Un esempio per il territorio, quale struttura autosufficiente, ma aperta a tutti per incentivare l’integrazione sociale.

Il territorio di riferimento è quello del distretto della Pianura Est composto da 15 comuni in cui risiedono circa 150.000 abitanti, territorio pressoché privo di servizi di gruppi appartamento e con scarsa presenza di posti letto per disabili, se non addirittura assente (ad esempio nel Comune di Argelato).

A seguito dello studio di fattibilità condotto da Sinloc, in stretta collaborazione con la Città metropolitana di Bologna, il Comune di Argelato, il Settore Sociale dell’Unione Reno Galliera e con il supporto dell’Azienda Servizi alla Persona Pianura Est, sono state individuate quali primarie tipologie di destinatari:

  • disabili per progetti di “Dopo di noi”, al piano terra della Villa realizzando le seguenti aree per un totale di 240 mq:
    . 3 camere doppie con bagno riservato a 6 utenti;
    . 1 camera per un tutor che fornisce assistenza agli utenti;
    . spazio giorno di relazione, cucina, lavanderia e servizi;
    . collegamento con l’area esterna.
  • famiglie con necessità di una soluzione abitativa di transizione, al piano primo della Villa, realizzando uno spazio di 300 mq per famiglie in disagio abitativo:
    . 4 camere doppie con bagno riservato per 8 utenti;
    . spazio giorno di relazione e attività, servizi igienici, locali tecnici;
    . piattaforma elevatrice a norma per disabili.

Inoltre, verranno realizzati nel locale Fienile 2 appartamenti bilocali per famiglie in disagio abitativo rispettivamente di 44 mq (piano terra) e 32 mq (piano primo).

Gli alloggi saranno destinati per periodi di transizione abitativa anche a donne e nuclei famigliari in uscita da percorsi di supporto al contrasto della violenza di genere. È difficile dimensionare la domanda di tale tipologia di alloggio, sicuramente presente, poiché si tratta di una domanda sommersa che si manifesta con l’aumentare degli strumenti di contrasto e della loro divulgazione.

L’individuazione della tipologia di utenti a cui destinare la struttura ha quindi tenuto in considerazione sia degli ambiti di bisogno sia l’adeguatezza dell’immobile rispetto a specifiche ipotesi di utilizzo.

Riguardo la categoria dei disabili si è potuto verificare che vi è scarsa offerta di servizi nel territorio per questo target, in particolare come gruppi appartamento. Inoltre, data la condizione decentrata dell’immobile, si è ritenuto opportuno insediare anche attività occupazionali, prediligendo la soluzione del centro socio-occupazionale.

Per quanto riguarda invece i singoli o famiglie in disagio abitativo l’offerta di alloggi in transizione, da erogare in forma di cohousing temporaneo, è presente ma inferiore alla domanda che il territorio esprime.

La realizzazione di un centro socio-occupazionale per l’utenza disabile integrato ad una attività produttiva, in particolare un ristorante, avrà il duplice vantaggio di creare un’opportunità occupazionale per le persone ospiti e di arricchire le dinamiche sociali e relazionali del luogo, contrastando in questo modo la condizione isolata dell’immobile.

Infine, in linea con altre esperienze già presenti nel territorio, è stato previsto di inserire la presenza di una famiglia “custode” che stabilmente risieda presso il complesso (con proprio alloggio indipendente), svolgendo un ruolo di presidio della struttura, riferimento per gli utenti e supporto per attività ordinarie (es. portineria, trasporti, manutenzioni).

Il concept del progetto esecutivo

Il progetto finale si basa sull’idea che il mix di funzioni e di destinatari rappresenterà un arricchimento sociale e relazionale, oltre che l’opportunità per gli utenti di attivare forme di collaborazione e supporto reciproco.

La gestione della struttura verrà affidata in prospettiva con apposita selezione ad un ente socio-assistenziale, che avrà il compito di coordinare gli operatori dedicati alle singole funzioni e di condurre le attività ristorative e ricettive (ristorante, sala polivalente, giardino), anche attraverso il coinvolgimento di soggetti esterni.

Le persone con disabilità, oltre a usufruire degli spazi abitativi e del supporto socio-sanitario, potranno svolgere attività lavorative all’interno della struttura (orti, ristorante…), come forma di socialità e autonomia economica.

Le famiglie in disagio abitativo avranno a disposizione spazi residenziali dedicati (residenza collettiva o mini-appartamenti, in base alle specifiche esigenze), il supporto di un mediatore/educatore e potranno utilizzare i servizi presenti nella struttura.

  • PERSONE CON DISABILITÀ
    Oltre ad usufruire degli spazi abitativi e dei supporti socio-sanitari, potranno svolgere attività lavorativa presso l’orto ed il ristorante, come forma di socialità e autonomia economica.
  • FAMIGLIE IN DISAGIO ABITATIVO
    Avranno a disposizione spazi abitativi dedicati, il supporto di un mediatore/educatore e potranno utilizzare i servizi presenti nella struttura.
  • FAMIGLIA CUSTODE
    Fungerà da riferimento per gli ospiti della struttura e potrà avere il ruolo di svolgere attività di supporto, es. trasporto e manutenzione.
  • GESTORE RISTORAZIONE/ ATTIVITÀ ED EVENTI
    Un gestore esterno che potrebbe essere individuabile in una Cooperativa di tipo B (finalizzata all’inserimento lavorativo) si occuperà di condurre il ristorante, gestire gli spazi interni (sala polivalente) ed esterni (giardino) al fine di affittarli per attività ludico-ricreative ed eventi (es. centri estivi, laboratori, compleanni) e vendere i prodotti coltivati nell’orto.

Il ristorante sociale-bar avrà oltre 50 coperti e sarà predisposto per ospitare anche corsi di cucina, la superficie interessata è pari a 207 mq. Saranno realizzati anche spazi polivalenti (sala corsi/convegni per circa 50 utenti, spazi per attività e laboratori didattici, ufficio per l’amministrazione) su una superficie totale di 231 mq. Sarà realizzata anche una camera di 12 posti letto su una superficie di 65 mq.

È inoltre prevista la riqualificazione dell’area di pertinenza dei fabbricati, attualmente incolta, inserendo funzioni di accoglienza alla struttura (parcheggi, percorsi pedonali e carrabili), ma anche attività di produzione agricola (orti produttivi e orti didattici in cui troveranno impiego gli ospiti della struttura) e spazi per lo svago e attività ludiche. Ognuna delle attività di progetto sarà collocata in una porzione ben definita del complesso edilizio, restando tuttavia funzionalmente e spazialmente collegata alle altre.

Sulla base delle ipotesi di distribuzione adottate dallo Studio di Architettura e Ingegneria Associato, che cura il progetto e la direzione lavori, la struttura potrebbe ospitare spazi per:

  • DISABILI: 4/6posti + 1 posto educatore
  • FAMIGLIE IN DISAGIO ABITATIVO: 12 posti
  • RISTORANTE: 52 posti ca.
  • SALA POLIVALENTE/LABORATORI: 200 mq ca.
  • APPARTAMENTO FAMIGLIA CUSTODE: 120 mq ca.
  • PARCHEGGIO: 25 posti ca.

Le ipotesi così delineate portano ad una stima di 16/18 posti letto totali e 52 posti ca. per il ristorante. Le unità abitative sono in totale 12, 6 per disabili ed educatore, 6 per alloggi di transizione e 1 per la famiglia del custode.

Particolare attenzione verrà data al tema dell’accessibilità, prevedendo la disponibilità di integrazione del trasporto pubblico con la struttura nonché la dotazione di un mezzo dedicato con relativo servizio conducente.

Distanze (km)
Bologna 22 | Modena 39 | Aeroporto di Bologna 14 | Uscita A13 (Bologna Interporto) 7 | Argelato centro 4 | Funo (fermata treno) 5 | Casadio (fermata bus) 0,5 km.

La collaborazione con il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna e il contributo dell’Unione Europea

La Villa di “Corte Palazzo” è uno dei sette casi di studio che, con il progetto Drive 0, ha ricevuto un finanziamento dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea. In occasione dell’avvio del cantiere, il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna attiverà il progetto Driving decarbonization of the EU building stock by enhancing a consumer centred and locally based circular  renovation process Drive 0 finalizzato all’utilizzo, all’interno del percorso di ristrutturazione, di strategie di decarbonizzazione e di processi circolari di rinnovo delle strutture a favore di un minor inquinamento ed impatto ambientale. Insieme ad un project partner, verrà realizzato un sistema tecnologico innovativo di rivestimento termico “plug & play”, rispettando le forme e le finiture tipiche degli edifici rurali del territorio.

La villa inoltre otterrà la targa CasaClima R, una certificazione che unisce elevato comfort abitativo ad un alto risparmio energetico; il risultato porterà ad un edificio NZEB (Near Zero Energy Building).

A Casa Saraceni la mostra Luigi Vignali e Santo Stefano “qui dicitur Sancta Hjerusalem”. Iconografia del complesso delle ‘Sette chiese’

Si deve alla sensibilità di Catia Mantovan la donazione alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, nel 2020, di ventisette grandi acquerelli dell’architetto Luigi Vignali dedicati al complesso bolognese di Santo Stefano detto delle Sette Chiese; rilevamenti architettonici con piante, sezioni trasversali e prospetti di quei suggestivi edifici, accompagnati dall’attenta descrizione di dettagli decorativi a volte estrapolati dal contesto e oggetto di specifica analisi formale.

Caratterizza i grandi pannelli il singolare connubio tra l’indagine tecnico-scientifica e una coltivata vena artistica che mette in luce la personalità di Luigi Vignali, studioso dell’architettura sacra bolognese, oltre che progettista di nuove chiese, e autore di scritti sul complesso stefaniano, sulla perduta cattedrale di San Pietro, sulla basilica di San Petronio di cui era Fabbriciere e sulle chiese di San Francesco e di Santa Maria dei Servi.

Alla genesi dei rilievi qui esposti sono sottesi tempi lunghi di riflessione che sfociarono nel volume Santo Stefano. Sanctum Stephanum qui dicitur santa Hjerusalem dato alle stampe dall’architetto nel 1991 per i tipi delle Edizioni Luigi Parma. Gli acquerelli e le piante vi sono illustrati a corredo del testo nel suggestivo itinerario sacro, tra chiese, cortile e chiostro, del complesso di Santo Stefano denso di enigmi e rinvii simbolici, nell’alternanza di spazi chiusi e aperti, penombre e improvvisi spiragli di luce.

I grandi pannelli costituiscono inoltre un’originale pagina critica, dal momento che Luigi Vignali se ne servì a sostegno della tesi che vede nel complesso stefaniano (nella sequenza caratterizzante della chiesa di Santo Stefano o del Santo Sepolcro a pianta centrale, voluta originariamente da san Petronio e ricostruita dall’abate Martino agli inizi dell’XI secolo, dell’annesso cortile di Pilato e infine della cappella della Croce, posti in rigoroso allineamento) la riproposizione intenzionale del modello gerosolimitano dell’Anastasis, dell’Atrium/Calvarium e del Martyrium, quanto meno a partire dai tempi dell’abate Martino.
E ciò in forza del confronto con le planimetrie dei luoghi santi di Gerusalemme.

Nel percorso della mostra i grandi pannelli di Vignali dialogano con la folta documentazione visiva sui radicali mutamenti che il complesso di Santo Stefano ha subìto nei secoli, in particolare con gli arditi restauri eseguiti negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, sotto la direzione dell’archeologo Giovanni Gozzadini affiancato da Raffaele Faccioli, e nei primi decenni del Novecento per iniziativa di Giulio Belvederi e di Edoardo Collamarini; demolizioni e stravolgimenti di inquietante rilevanza documentati grazie a dipinti e incisioni di Antonio Basoli, fotografie storiche di Pietro Poppi, disegni, acquerelli e stampe risalenti ai decenni tra Otto e Novecento, tutti appartenenti alle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

Luigi Vignali
(Bologna 1914-2008)

Il consiglio del noto architetto e decoratore Achille Casanova, dato al padre di Luigi Vignali ispettore delle ferrovie, salvò il giovane dall’iscrizione alle scuole tecnico-scientifiche cui sembrava destinato per decisione familiare. Questi poté quindi coltivare le proprie inclinazioni e frequentare l’Istituto Artistico allora unito all’Accademia di Belle Arti. Ebbe, tra i vari maestri, Giorgio Morandi, Silverio Montaguti, Cleto Tomba, Ferruccio Giacomelli, Giovanni Romagnoli.

Conseguita la maturità, passò al Biennio Speciale di Architettura presso la stessa Accademia e partecipò assiduamente agli incontri presso il Caffè San Pietro, luogo di ritrovo di architetti e artisti. Concluse gli studi a Firenze laureandosi in Architettura nell’anno accademico 1939-40, una volta superato il triennio di applicazione.

L’attività professionale svolta nell’arco di mezzo secolo decollò alla conclusione del secondo conflitto mondiale. A Bologna, selezionando tra i numerosi incarichi, si ricordano di sua progettazione il santuario di Borgo San Pietro, il complesso dell’Autostazione in collaborazione con Luigi Riguzzi, la Facoltà di Scienze Economiche in collaborazione con Enea Trenti e l’Istituto Enrico Fermi; cui si aggiunse, tra il 1981 e il 1987, la ristrutturazione del mengoniano palazzo di residenza della Cassa di Risparmio in Bologna.

Parallelamente svolse un’intensa attività didattica, fino al 1980, dapprima presso l’Istituto Tecnico Industriale Aldini Valeriani quindi presso l’Accademia di Belle Arti dove ricoprì anche la carica di Presidente.

È stato aggregato all’Accademia Clementina di Bologna e all’Accademia Nazionale di San Luca a Roma.

Le sue ricerche approdarono numerose alle stampe. Si ricordano il volumetto Ricordi d’Accademia (1989) e le pubblicazioni sull’architettura religiosa bolognese, dal volume sul complesso di Santo Stefano (1991) a quelli sulle chiese di San Francesco (1996), di San Petronio (1996), di San Pietro (1997) e di Santa Maria dei Servi (1998); infine lo studio Dall’antica perduta cattedrale al San Petronio: l’evoluzione dell’architettura sacra a Bologna (2002).

Concluse l’esistenza nel 2008.

Vignali e i restauri storici del complesso di Santo Stefano detto delle ‘Sette chiese’

Le Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna conservano materiali iconografici unici, capaci di raccontare più di due secoli di trasformazioni del complesso di Santo Stefano, uno dei luoghi più antichi e venerati di Bologna.

Tra i materiali più significativi vi sono senza dubbio le stampe provenienti dal volume Cento vedute pittoresche della città di Bologna tratte dai quadri a olio dipinti dal vero da Antonio Basoli, pubblicato nel 1833. Raffrontando queste acquetinte con le fotografie degli interni, realizzate allo scadere del XIX secolo da Pietro Poppi, è possibile ricostruire la complessità del monumento, quando la sua origine tardo antica era ancora celata da altari, dipinti, paramenti e decorazioni barocche.

È nel fermento post-unitario, dominato dal desiderio di restituire ai principali monumenti cittadini l’aspetto che essi dovevano avere in epoca comunale, che l’attenzione di diverse istituzioni locali, tra cui la Regia Deputazione di Storia Patria presieduta dal conte archeologo Giovanni Gozzadini, si concentra sul complesso di Santo Stefano dando avvio, tra il 1876 e il 1894, alla prima grande campagna di restauri, condotta dall’ingegnere Raffaele Faccioli, che riguarderà principalmente la chiesa del Santo Sepolcro e quella dei Santi Vitale e Agricola, oltre al cortile di Pilato.

Le fotografie realizzate da Pietro Poppi tra il 1870 e i primi decenni del secolo successivo rendono evidente il progredire di una pratica di restauro che, smantellando e demolendo sistematicamente tutte le addizioni e le superfetazioni cinque-sei-settecentesche, non si esimeva anche dall’inventare ex novo, per analogia, desumendoli da modelli simili, elementi architettonici e decorativi precedentemente inesistenti.

A partire dagli inizi del XX secolo il complesso abbaziale è al centro di un rinnovato interesse conservativo che si concretizza nella seconda campagna di restauri, svoltasi tra il 1919 e il 1927, sotto la direzione di Edoardo Collamarini, affiancato da monsignor Giulio Belvederi. I restauri – o per meglio dire la “riprogettazione” – giunsero progressivamente a investire l’intero complesso abbaziale coinvolgendo la chiesa della Trinità, quella della Croce con sottostante la cripta e infine il chiostro benedettino.

Anche le ardite trasformazioni avvenute in seguito a questa campagna sono ricostruibili grazie al supporto iconografico di cui si dispone: dipinti, acquerelli, chine e fotografie eseguiti da artisti più o meno noti. A questi materiali si aggiungono ora le ventisette grandi tavole dell’architetto Luigi Vignali, recentemente entrate a fare parte delle Collezioni. Nate in seguito ad una campagna di studi pluridecennali condotti sulle Sette chiese per dimostrarne l’originaria similitudine col Santo Sepolcro realizzato a Gerusalemme, giungono a colmare una lacuna sull’aspetto attuale del santuario.

Informazioni sulla mostra

Luigi Vignali e Santo Stefano “qui dicitur Sancta Hjerusalem”
Iconografia del complesso delle ‘Sette chiese’

a cura di Angelo Mazza, Conservatore delle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Carisbo
con la collaborazione di Benedetta Basevi e Mirko Nottoli

Sede
Casa Saraceni (via Farini, 15 – Bologna)

Periodo di apertura
Da venerdì 22 ottobre a domenica 12 dicembre 2021

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
Festivi: 1 novembre e 8 dicembre ore 10-18
lunedì chiuso

Ingresso libero

Modalità di visita

Si raccomanda di igienizzare le mani con l’apposito gel disinfettante

È obbligatorio essere in possesso del Green pass, la Certificazione verde Covid-19
Il Green pass non è richiesto per le persone escluse per età dalla campagna vaccinale (fino a 12 anni) oppure esenti sulla base di motivazioni mediche certificate.
La Certificazione verde, rilasciata dal Ministero della Salute, si può ottenere:
– dopo essere guariti dal Covid-19 negli ultimi sei mesi;
– dopo aver fatto la vaccinazione anti Covid-19 (viene emessa sia alla prima dose, sia al completamento del ciclo vaccinale);
– dopo essere risultati negativi a un test molecolare o antigenico rapido nelle ultime 48 ore.
Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo https://www.dgc.gov.it

È obbligatorio indossare la mascherina per tutti i visitatori dai 6 anni in su

Inaugurata “Le Scuole”, la nuova biblioteca-pinacoteca del Comune di Pieve di Cento

Il 4 settembre 2021 rappresenta una data storica per il Comune di Pieve di Cento, giunta al termine di un lungo cammino iniziato 9 anni fa, il 29 maggio 2012, quando gli allievi dell’allora scuola elementare Edmondo De Amicis uscirono guidati dalle loro maestre dopo la forte scossa di terremoto che colpì l’Emilia. Da subito l’amministrazione decise di dedicare gli ampi spazi dell’ex scuola primaria alla cultura di Pieve e non solo, progettando una grande biblioteca-pinacoteca accogliente e moderna.

La cerimonia di inaugurazione de Le Scuole si è svolta all’esterno della struttura, con gli interventi delle istituzioni e il taglio del nastro da parte di: Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia-Romagna; Mauro Felicori, Assessore regionale alla Cultura; Carlo Cipolli, Presidente della Fondazione Carisbo; Luca Borsari, Sindaco di Pieve di Cento; Belinda Gottardi, Sindaco delegato alla Cultura dell’Unione Reno Galliera; Francesca Tassinari, Assessore alla valorizzazione museale di Pieve di Cento.

Dal 4 settembre tutti possono entrare e visitare le sale della nuova biblioteca, ritrovare i volumi conosciuti e scoprire cosa c’è di nuovo, a partire dall’allestimento della nuova Pinacoteca Civica, le nuove collezioni, le donazioni e le prestigiose opere in prestito. Ha inoltre inaugurato un’importante retrospettiva su Severo Pozzati, in arte Sepo, a cura di Riccardo Betti, di cui la Pinacoteca di Pieve conserva un corpus di quasi duecento opere, uno dei più consistenti al mondo.

Un progetto ambizioso Le Scuole, un luogo di oltre 4.000 mq che includerà, oltre a diverse aree espositive, spazi laboratoriali, aree studio, un auditorium, una caffetteria e spazi verdi e vedrà tra i suoi punti di forza l’accessibilità, l’attenzione alla formazione e alla ricerca, la multimedialità e l’interdisciplinarità per diventare un punto di riferimento non solo per i Pievesi ma per tutto il territorio circostante.

Le Scuole rappresenteranno inoltre il cuore del “Quartiere delle Arti” di Pieve, un’area di oltre 17.000 mq dedicata alla cultura, alla conoscenza e all’apprendimento che va dal Museo MAGI alla Casa della Musica passando per il nuovo Polo dell’infanzia “M.T. Chiodini”, per Porta Bologna e per il Museo delle Storie custodito nella Rocca.

Oltre al Comune di Pieve di Cento e all’Unione Reno Galliera, i contributi della Regione Emilia-Romagna (quasi 2 milioni e mezzo di euro) e della Fondazione Carisbo (500.000 euro) hanno permesso la realizzazione del progetto, per un importo complessivo dei lavori di quasi 6 milioni di euro.

La pinacoteca de Le Scuole, aperta al pubblico sabato e domenica con orario continuato 10-18, verrà intitolata in memoria di Graziano Campanini, fervido promotore del progetto di recupero e protagonista delle attività culturali a Pieve nonché, per il percorso museale Genus Bononiae, Direttore del Museo della Sanità e dell’Assistenza in Santa Maria della Vita.

Settembre sarà un mese denso di appuntamenti, tavole rotonde, conferenze, concerti e un programma speciale per i bambini.

Sito web
www.lescuoledipieve.it

Social

www.facebook.com/lescuoledipievedicento

www.instagram.com/lescuole_pievedicento

Inaugurato il Museo Olinto Marella

Il 12 giugno 2021 ha inaugurato il Museo Olinto Marella in viale della Fiera 7 a Bologna. In quel luogo Padre Marella ha dato compimento al primo progetto della Città dei Ragazzi per dedicarsi agli ultimi e ai piccoli senza speranza.

Per portare pane e Vangelo ai poveri, Marella aveva trasformato la casupola della nettezza urbana in una chiesa, la Cattedrale dei Poveri, dove aveva chiamato a raccolta i poveri abitanti e per loro celebrava ogni mattina la Messa, cui faceva seguire delle offerte, in un offertorio a parti rovesciate. L’edificio è rimasto abbandonato e pericolante per decenni, finché ha potuto prendere vita in un’operazione di rigenerazione dopo oltre un anno di lavori di ricostruzione a cura dell’Opera di Padre Marella, con il sostegno dell’Arcidiocesi di Bologna e della nostra Fondazione.

In questa idea culturale ambiziosa, della cui progettazione e curatela si è occupata Claudia D’Eramo, per l’allestimento museale multimediale si è coinvolto lo studio AuroraMeccanica, che ha reso unico e vivo il racconto. La chiamata a raccolta della curatrice ha coinvolto giovani artisti (Matteo Lucca), fotografi (Simone Martinetto) e documentaristi (Luca Capponi) che hanno compreso e sposato l’unicità di quest’uomo ed  hanno mostrato nel loro lavoro profonda sensibilità e attenzione per gli ultimi, sempre raccontati con grazia, empatia e passione.

Il Museo ospita quattro ambienti e una serie di installazioni multimediali, tra cui l’opera d’arte collettiva realizzata da Matteo Lucca e dai mille partecipanti alla cerimonia di Beatificazione in piazza Maggiore lo scorso 4 ottobre 2020. Grazie al contributo della nostra Fondazione è stato possibile realizzare le opere e gli allestimenti museali che sono in funzione dei visitatori, i veri protagonisti – con Olinto Marella e i suoi figli – di questo spazio.

L’inaugurazione rappresenta infatti solo l’inizio di un percorso di approfondimento della figura di Olinto Marella, simbolo di carità, protagonista del suo tempo e della città di Bologna e Beato.

In occasione dell’apertura del Museo è stata infatti lanciata anche una campagna di crowdfunding Ripartire insieme – in ricordo di padre Gabriele Digani, successore di Padre Marella e scomparso il 25 marzo 2021, per proseguire l’impegno educativo finalizzato all’autonomia e alla responsabilità così come voluto dal fondatore cui è dedicato il museo.

È stato infine pubblicato il sito dedicato al Museo Olinto Marella contenente un archivio digitale che nei prossimi mesi andrà ad arricchirsi con lavori di ricerca storica.