A Casa Saraceni la mostra “arte al femminile”

“arte al femminile”
Artiste a Bologna nel Novecento

dalle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione

Da anni le mostre sulle donne artiste sono di moda. Ma per lo più insistono su alcune figure eccellenti che la critica ha da tempo riscoperto, sia dell’età antica sia dei tempi più vicini a noi. Mai sono state radunate, come in quest’occasione, quasi sessanta opere appartenenti a oltre venti pittrici attive a Bologna nel corso del Novecento, che contribuirono in misura significativa allo sviluppo dell’arte in Emilia e alla vitalità delle Accademie.

Il quadro antico di Elisabetta Sirani

Nel percorso della mostra si incontra un unico quadro antico, esposto in ragione del suo valore doppiamente emblematico, per l’autrice e per il soggetto rappresentato. È stato eseguito da Elisabetta Sirani che vi appose firma e data nel 1664, all’età di 26 anni, un anno prima della morte, e raffigura un’eroina romana dell’età repubblicana, Porzia, moglie di Bruto, che si colpisce più volte alla gamba con il pugnale dando dimostrazione al marito, che le tiene segreta la congiura contro Cesare, sia di impavido coraggio sia della capacità di resistere al dolore controllando le stesse espressioni del volto. Elisabetta Sirani è figlia d’arte, essendosi formata nella bottega del padre Giovanni Andrea Sirani, allievo di Guido Reni, così come Lavinia Fontana nel secolo precedente aveva appreso il mestiere da Prospero Fontana.

Maestri e carriere delle artiste

Nel Novecento le artiste qui rappresentate frequentano liberamente gli istituti pubblici e gli ateliers dei maestri e avviano una carriera autonoma. A seconda della personale sensibilità aderiscono al tradizionalismo dell’Accademia di Belle Arti di Bologna dove insegnano – oltre a Giorgio Morandi, Virgilio Guidi e Augusto Majani – anche Alfredo Protti, Ferruccio Giacomelli e Giovanni Romagnoli all’insegna di un postimpressionismo intimo e raffinato, oppure partecipano con passione alle nuove tendenze dell’Informale e infine alla corrente dell’Ultimo Naturalismo che vede l’ideologo in Francesco Arcangeli.

Dalle Collezioni della Fondazione: Dina Pagan de’ Paganis, Lea Colliva, Lidia Puglioli e Maria Petroni

Attingendo alle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione, si va dall’indipendente Dina Pagan de’ Paganis, allieva di Domenico Ferri e autrice del Canton dei fiori esposto nel 1943 alla mostra dell’“Associazione Donne artiste e laureate”, a una pittrice come Lea Colliva, sostanzialmente autodidatta per quanto amica di Nino Bertocchi, Corrado Nino Corazza e Ferruccio Giacomelli, la quale nel 1939 fu tra i fondatori della rivista “L’Orto” ed è qui rappresentata da tre dipinti in cui si intravede qualche assonanza con la poetica dell’Informale.

Aderisce invece con convinzione a questa corrente, mostrandosi nel tempo tenacemente fedele, Lidia Puglioli, allieva di Roberto Longhi e inizialmente in bilico tra Accademia e Università, che si unì a Pompilio Mandelli, l’artista più rappresentativo, insieme al “grande lombardo Morlotti”, dell’Ultimo Naturalismo arcangeliano.

Partecipa all’Informale, con delicato sentimento poetico, anche Maria Petroni allieva di Virgilio Guidi, che entrò in sintonia con Vasco Bendini a lungo frequentato a partire dai tempi dell’Accademia. Della pittrice, presente nelle Collezioni d’Arte della Fondazione grazie alla donazione di venti dipinti da parte del nipote Giovanni Barducci, si espongono cinque opere realizzate tra il 1955 e il 1962.

Norma Mascellani, Bianca Rosa Arcangeli, Maria Ogier e Gina Negrini

Attraversa quasi l’intero secolo Norma Mascellani, scomparsa centenaria nel 2009, personalità indipendente benché allieva prediletta di Giorgio Morandi, la cui formazione si svolse tra l’Accademia Regazzi accanto a Luciano Minguzzi e Pompilio Mandelli, il Liceo artistico e infine l’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Augusto Majani, Alfredo Protti e Ferruccio Giacomelli. Con le vedute poetiche di San Luca, le brumose ‘Venezie’ e le silenti nature morte, oltre che con i sensibili ritratti, “è entrata di diritto nella storia dell’arte”, come ha affermato Franco Solmi.

Sotto lo pseudonimo di Rosalba si presenta Bianca Rosa Arcangeli, sorella del noto storico e critico d’arte, con un nucleo significativo di opere della sua produzione, ambivalente tra il chiarismo di alcuni paesaggi e dei numerosi acquerelli e le cupe visioni notturne di alberi con riverberi di luce sulle fronde.

Colpiscono inoltre le connotazioni plastiche della produzione di Maria Ogier sensibile al tema religioso, mentre spicca per la vivacità dei colori e per la saturazione decorativa della superficie dipinta, nella tematica naturalista, la tela naïf con l’Eco della giungla di Gina Negrini, artista impegnata socialmente, che fu staffetta partigiana all’età di diciotto anni, poi scrittrice e bibliotecaria dell’Istituto Gramsci.

Letizia Lucchetti e Giulia Mantasia, vincitrici di Art Up | Premio della Critica e dei Collezionisti

Chiudono la mostra due opere di giovani allieve dell’Accademia di Belle Arti, Letizia Lucchetti e Giulia Mantasia vincitrici nell’ambito di Opentour 2022, rispettivamente nella sezione Dipinti e nella sezione Grafica, disegno e illustrazione, di Art Up | Premio della Critica e dei Collezionisti, il riconoscimento ideato dalla Fondazione Zucchelli con il sostegno della Fondazione Carisbo.

Informazioni sulla mostra

“arte al femminile”
Artiste a Bologna nel Novecento
dalle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione

a cura di Angelo Mazza con la collaborazione di Benedetta Basevi e Mirko Nottoli

Sede
Casa Saraceni (via Farini, 15 – Bologna)

Periodo di apertura
23 febbraio – 11 giugno 2023

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
festivi ore 10-18
(Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno) ore 10-18
lunedì chiuso

Ingresso libero

Dal 20 dicembre 2022 a Casa Saraceni riapre al pubblico la mostra “Settanta opere di Ugo Guidi”. La donazione Barbara Buldrini

Dal 20 dicembre 2022 fino al 5 febbraio 2023 riapre al pubblico la mostra che prende origine dalla donazione di settanta opere di Ugo Guidi, tutte esposte nelle sale espositive di Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo, da parte di Barbara Buldrini, nipote dell’artista.

Donazione avvenuta nel 2021 e composta da dipinti ad olio, sculture, fusioni in bronzo, pastelli, acquerelli, chine acquerellate e incisioni che documentano l’intero arco produttivo di Ugo Guidi, dal 1940 (Bambinetta seduta, olio su tavola) al 2003 (Nudino seduto, gessetto su carta).

Aperture straordinarie per ART CITY Bologna 2023

Sabato 4 febbraio e domenica 5 febbraio 2023 per l’undicesima edizione di ART CITY Bologna – il programma di mostre, eventi e iniziative promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera – la mostra resterà aperta al pubblico in via straordinaria: sabato 4 febbraio fino alle ore 23 per l’ART CITY White Night, domenica 5 febbraio fino alle ore 19.

Ugo Guidi
(Comacchio, 1923 – Bologna, 2007)

È lo stesso Guidi a ricordare come fosse stato conquistato dalla pittura in giovane età seguendo il padre che per diletto andava a dipingere alla Darsena di Ferrara e al parco del Montagnone, sulle mura, insieme ad un amico con il quale poi si ritrovava nella propria abitazione di via Frescobaldi a Ferrara.

Con il trasferimento della famiglia a Bologna, il ragazzo fece ingresso nel Liceo artistico. Fu quindi ammesso al corso di decorazione nell’Accademia di Belle Arti dove incontrò maestri che incisero sulla sua formazione: Alfredo Protti, Cleto Tomba, Nino Bertocchi, Ercole Drei e altri invece estranei all’ambiente accademico, come Alessandro Cervellati, frequentati al Caffè San Pietro in via Indipedenza, animato ritrovo di artisti. La guerra interruppe gli studi e lo allontanò da Bologna. Ma il giovane non abbandonò la pratica del disegno e in quel periodo realizzò qualche “appunto a pastello e a matita”; “modesti saggi”, a suo dire, che, sottoposti a Giovanni Romagnoli e a Giorgio Morandi negli sporadici contatti bolognesi, gli procurarono “passaggi ad honorem”. Il ritorno a Bologna rinsaldò i rapporti con Alfredo Protti che sarebbe scomparso poco dopo, nel 1949, e soprattutto con Giovanni Romagnoli, suoi autentici maestri.

Conseguito il diploma, restò in Accademia come assistente volontario fino al 1952, quando ottenne la cattedra al Liceo artistico. Si dedicò ininterrottamente all’insegnamento, che abbandonò solo nel 1982, alla soglia dei sessant’anni.

La sua produzione fu notevole, caratterizzata da straordinaria versatilità; così come assoluta fu la sua fedeltà alla tradizione figurativa nel solco della pittura di Alfredo Protti, di Guglielmo Pizzirani e di Giovanni Romagnoli, grazie ai solidi studi accademici e all’assidua pratica del disegno con i quali acquisì il pieno dominio degli strumenti della professione.

Nel 1952 ricevette l’incarico di decorare il palazzo delle Poste di Reggio Emilia con due pitture murali che lo impegnarono per un paio di anni. A quel decennio risalgono le due pale d’altare per la chiesa di Cristo Re di Bolzano, la Santa Teresa della chiesa di San Martino a Bologna e altre opere di destinazione ecclesiastica, tra le quali cartoni per mosaici.

Virtuoso del pennello grazie a un talento innato che lo predispose alla “bella pittura”, sperimentò diverse tecniche e si dedicò per tutta la vita al disegno esercitandosi nell’uso dei pastelli e dei gessetti. La prodigiosa serie degli acquerelli mostra una speciale abilità nella costruzione della figura attraverso liquide stesure di luci e ombre di immediata naturalezza.

Celebri sono i potenti nudi femminili impostati in arditi scorci accademici, moderne Veneri della tradizione classica. Consapevole degli esiti mirabili della sua pittura nella resa mimetica della realtà, si dedicò con passione anche al paesaggio e alla natura morta con esiti atmosferici di sapienza barocca, così come si specializzò nel ritratto sovrapponendo alla scontata riconoscibilità del modello la studiata caratterizzazione psicologica. Così è, tra gli altri, nel Ritratto del padre del 1947 e nel Ritratto di bimbo in costume degli anni Sessanta. Né l’artista tralasciò la grafica, facendo uso delle diverse espressioni (in più occasioni ebbe a dire: “matrici e stampe sono tutte di mia personale esecuzione”).

Informazioni sulla mostra

Settanta opere di Ugo Guidi
Figure, ritratti, paesaggi, nature morte
La donazione Barbara Buldrini

a cura di Angelo Mazza con la collaborazione di Benedetta Basevi e Mirko Nottoli

Sede
Casa Saraceni (via Farini, 15 – Bologna)

Periodo di apertura
20 dicembre 2022 – 5 febbraio 2023

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
Festivi (25 e 26 dicembre 2022; 1 e 6 gennaio 2023) ore 10-18
sabato 4 febbraio 2023 ore 10-23 ART CITY White Night
domenica 5 febbraio 2023 ore 10-19
lunedì chiuso

Ingresso libero

A Palazzo Fava la mostra “Fattori. L’umanità tradotta in pittura”

La mostra

La mostra Fattori. L’umanità tradotta in pittura, che apre al pubblico dal 16 dicembre 2022 al 1° maggio 2023 a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni, è realizzata da Genus Bononiae in collaborazione con l’Istituto Matteucci.

Il percorso espositivo a cura di Claudia Fulgheri, Elisabetta Matteucci e Francesca Panconi, studiose della vasta produzione fattoriana, presenta una selezione di oltre 70 opere della produzione del maestro indiscusso della macchia, eccezionale precursore della modernità del XX secolo.

Sono passati oltre 50 anni dall’ultima mostra presentata a Bologna sul grande maestro livornese: nel frattempo, parallelamente al progredire degli studi, l’interesse nei confronti dei Macchiaioli è andato sempre più crescendo, anche per le importanti rassegne che hanno visto al centro il movimento toscano. L’esposizione a Palazzo Fava vuole restituire, attraverso un excursus temporale e tematico nella poderosa produzione dell’autore, il suo sguardo al contempo innamorato e disincantato sull’esistenza, rivelandone l’inconsapevole poesia che, nonostante tutto, essa nasconde.

La sequenza delle opere offre al visitatore la possibilità di seguire l’intera evoluzione creativa della pittura di Fattori, accorpando la selezione in nuclei tematici.

Il catalogo, edito da Skira editore e a cura di Claudia Fulgheri, Elisabetta Matteucci e Francesca Panconi, è arricchito da un nutrito apparato iconografico che documenta la figura di Fattori in ogni suo aspetto.

Informazioni sulla mostra

Fattori. L’umanità tradotta in pittura

a cura di Claudia Fulgheri, Elisabetta Matteucci e Francesca Panconi

Sede
Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni (via Manzoni, 2 – Bologna)

Periodo di apertura
16 dicembre 2022 – 1° maggio 2023

Orari di apertura
martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, domenica: ore 10-19 (ultimo ingresso ore 18)
lunedì chiuso

  • Domenica 25 dicembre ore 14.00-19.00
  • Lunedì 26 dicembre ore 10.00-19.00
  • Domenica 1° gennaio ore 12.00-19.00
  • Venerdì 6 gennaio ore 10.00-19.00

Ulteriori informazioni sul sito di Genus Bononiae

Biglietti acquistabili sul sito di Ticketlandia

A Casa Saraceni la mostra “Settanta opere di Ugo Guidi”. La donazione Barbara Buldrini

Settanta opere di Ugo Guidi

Aperta al pubblico la mostra che prende origine dalla donazione di settanta opere di Ugo Guidi, tutte esposte nelle sale espositive di Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo, da parte di Barbara Buldrini, nipote dell’artista.

Donazione avvenuta nel 2021 e composta da dipinti ad olio, sculture, fusioni in bronzo, pastelli, acquerelli, chine acquerellate e incisioni che documentano l’intero arco produttivo di Ugo Guidi, dal 1940 (Bambinetta seduta, olio su tavola) al 2003 (Nudino seduto, gessetto su carta).

Il 1° ottobre apertura straordinaria in occasione di Invito a Palazzo

Sabato 1° ottobre Casa Saraceni ha aperto al pubblico in via straordinaria, in occasione della XXI edizione di Invito a Palazzo, manifestazione annuale promossa e organizzata dall’Abi – Associazione Bancaria Italiana, in collaborazione con Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio, che prevede ogni primo sabato del mese di ottobre l’apertura delle sedi storiche degli Istituti associati, offrendo la possibilità di visitare i palazzi generalmente non aperti al pubblico e trasformati, nell’occasione, in spazi museali liberamente aperti ai cittadini, agli appassionati e ai turisti. Angelo Mazza, curatore della mostra e Conservatore delle Collezioni d’Arte della Fondazione, ha accompagnato il pubblico con visite guidate alle ore 10.30 e alle ore 17 (senza prenotazione) nei diversi ambienti del palazzo, ritenuto uno degli edifici più interessanti del Rinascimento a Bologna tra XV e XVI secolo, illustrando le decorazioni murali e le più importanti opere d’arte alle pareti, di epoche diverse.

Ugo Guidi
(Comacchio, 1923 – Bologna, 2007)

È lo stesso Guidi a ricordare come fosse stato conquistato dalla pittura in giovane età seguendo il padre che per diletto andava a dipingere alla Darsena di Ferrara e al parco del Montagnone, sulle mura, insieme ad un amico con il quale poi si ritrovava nella propria abitazione di via Frescobaldi a Ferrara.

Con il trasferimento della famiglia a Bologna, il ragazzo fece ingresso nel Liceo artistico. Fu quindi ammesso al corso di decorazione nell’Accademia di Belle Arti dove incontrò maestri che incisero sulla sua formazione: Alfredo Protti, Cleto Tomba, Nino Bertocchi, Ercole Drei e altri invece estranei all’ambiente accademico, come Alessandro Cervellati, frequentati al Caffè San Pietro in via Indipedenza, animato ritrovo di artisti. La guerra interruppe gli studi e lo allontanò da Bologna. Ma il giovane non abbandonò la pratica del disegno e in quel periodo realizzò qualche “appunto a pastello e a matita”; “modesti saggi”, a suo dire, che, sottoposti a Giovanni Romagnoli e a Giorgio Morandi negli sporadici contatti bolognesi, gli procurarono “passaggi ad honorem”. Il ritorno a Bologna rinsaldò i rapporti con Alfredo Protti che sarebbe scomparso poco dopo, nel 1949, e soprattutto con Giovanni Romagnoli, suoi autentici maestri.

Conseguito il diploma, restò in Accademia come assistente volontario fino al 1952, quando ottenne la cattedra al Liceo artistico. Si dedicò ininterrottamente all’insegnamento, che abbandonò solo nel 1982, alla soglia dei sessant’anni.

La sua produzione fu notevole, caratterizzata da straordinaria versatilità; così come assoluta fu la sua fedeltà alla tradizione figurativa nel solco della pittura di Alfredo Protti, di Guglielmo Pizzirani e di Giovanni Romagnoli, grazie ai solidi studi accademici e all’assidua pratica del disegno con i quali acquisì il pieno dominio degli strumenti della professione.

Nel 1952 ricevette l’incarico di decorare il palazzo delle Poste di Reggio Emilia con due pitture murali che lo impegnarono per un paio di anni. A quel decennio risalgono le due pale d’altare per la chiesa di Cristo Re di Bolzano, la Santa Teresa della chiesa di San Martino a Bologna e altre opere di destinazione ecclesiastica, tra le quali cartoni per mosaici.

Virtuoso del pennello grazie a un talento innato che lo predispose alla “bella pittura”, sperimentò diverse tecniche e si dedicò per tutta la vita al disegno esercitandosi nell’uso dei pastelli e dei gessetti. La prodigiosa serie degli acquerelli mostra una speciale abilità nella costruzione della figura attraverso liquide stesure di luci e ombre di immediata naturalezza.

Celebri sono i potenti nudi femminili impostati in arditi scorci accademici, moderne Veneri della tradizione classica. Consapevole degli esiti mirabili della sua pittura nella resa mimetica della realtà, si dedicò con passione anche al paesaggio e alla natura morta con esiti atmosferici di sapienza barocca, così come si specializzò nel ritratto sovrapponendo alla scontata riconoscibilità del modello la studiata caratterizzazione psicologica. Così è, tra gli altri, nel Ritratto del padre del 1947 e nel Ritratto di bimbo in costume degli anni Sessanta. Né l’artista tralasciò la grafica, facendo uso delle diverse espressioni (in più occasioni ebbe a dire: “matrici e stampe sono tutte di mia personale esecuzione”).

Informazioni sulla mostra

Settanta opere di Ugo Guidi
Figure, ritratti, paesaggi, nature morte
La donazione Barbara Buldrini

a cura di Angelo Mazza con la collaborazione di Benedetta Basevi e Mirko Nottoli

Sede
Casa Saraceni (via Farini, 15 – Bologna)

Periodo di apertura
22 settembre – 11 dicembre 2022
20 dicembre 2022 – 5 febbraio 2023

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
Festivi (4 ottobre; 1 novembre; 8, 25 e 26 dicembre 2022; 1 e 6 gennaio 2023) ore 10-18
lunedì chiuso

Ingresso libero

A Casa Saraceni la mostra “Epilogo, identità dissimili” in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Bologna per Opentour 2022

Epilogo, identità dissimili

Alcuni studenti dal corso di Arti Visive del Prof. Luca Caccioni dell’Accademia di Belle Arti di Bologna per Opentour 2022

Vincenza Amato, Samuele Bartolini, Riccardo Belelli, Luca Campestri, Gabriele Ermini, Federico Falanga, Cecilia Grelli, Wu Jilan, Dagiimaa Khurtsbaatar, Francesco Levoni, Matteo Lisanti, Dario Molinaro, Jacopo Naccarato, Luisa Fernanda Villanova, Xinhan Yu, Xu Zheng

Epilogo, identità dissimili è una mostra costruita sul lavoro degli studenti iscritti al corso di Arti Visive.

Attraverso un percorso didattico basato su attività seminariali di energia, pensiero e produzione, gli studenti, nel corso del biennio specialistico, sono invitati a confrontarsi con una serie di tematiche, metodologie e linguaggi diversi.

Questi confronti producono risultati specifici sotto forma di piccole opere-esercizio, che installate in aula vengono discusse collettivamente.

A questa modalità di lavoro si affiancano una serie di colloqui individuali, nei quali si approfondiscono le pratiche personali e si sviluppa un pensiero critico e produttivo sulla ricerca dell’identità di ogni singolo.

La mostra raccoglie i lavori di 16 studenti dalle identità diverse e sempre più definite che, in occasione di Opentour 2022, scrivono un epilogo del loro percorso di studi.

Opentour 2022 – Art is coming out

Con l’ottava edizione di Opentour, l’Accademia di Belle Arti di Bologna esce dai propri spazi per mettere in mostra le opere delle sue studentesse e dei suoi studenti in gallerie e spazi espositivi della città da mercoledì 22 giugno a domenica 26 giugno 2022.

Giovedì 23 giugno dalle ore 15 alle 23 inaugurerà la grande mostra diffusa in collaborazione con l’Associazione Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea Confcommercio Ascom Bologna. 29 tra gallerie, spazi no-profit e altri luoghi pubblici e privati della città ospiteranno le opere di studentesse e studenti in corso o diplomati negli ultimi due anni. Le esposizioni saranno visitabili anche nei giorni successivi, a seconda della disponibilità dei singoli spazi espositivi.

>>> mappa online

>>> programma completo di Opentour

Alla grande mostra diffusa – quest’anno ancora più estesa – che vedrà protagoniste le opere di studentesse e studenti, si aggiunge un denso programma di eventi che include anche il ciclo di appuntamenti di riparAzioni – Rielaborare ad arte, il progetto ideato dall’Accademia per il PON Metro 14-20, Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane, coordinato dal Comune di Bologna e finanziato dall’Unione Europea.

Il programma di iniziative di riparAzioni intende promuovere percorsi di welfare generativo con azioni finalizzate all’acquisizione di una coscienza critica e a una maggiore consapevolezza rispetto all’emarginazione sociale e alla risposte creative che l’arte con i suoi linguaggi può offrire.

>>> gli appuntamenti di riparAzioni

Opentour 2022 e riparAzioni fanno parte di Bologna Estate 2022, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena.

Art Up | Premio della Critica e dei Collezionisti

Sabato 25 giugno alle ore 18.30, all’interno della Corte del Terribilia dell’Accademia di Belle Arti di Bologna (Via Belle Arti, 54) verrà assegnato Art Up | Premio della Critica e dei Collezionisti, il riconoscimento ideato nel 2018 da Fondazione Zucchelli per promuovere i giovani talenti dell’arte, realizzato in collaborazione con l’Accademia e l’Associazione delle Gallerie di Arte Moderna e Contemporanea di Bologna Confcommercio Ascom Bologna.

Giunto alla sua quarta edizione e realizzato con il sostegno economico di Banca di Bologna e di Fondazione Carisbo, il premio s’inserisce all’interno di Opentour, la manifestazione organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Bologna al termine di ogni anno accademico per far conoscere al pubblico le opere realizzate da studentesse e studenti, esposte da giovedì 23 giugno in 29 spazi privati e pubblici dell’arte, tra cui le gallerie d’arte contemporanea bolognesi.

La giuria presieduta anche quest’anno da Lorenzo Balbi, Direttore Artistico del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, e composta da Marta Papini, organizzatrice artistica della 59ma Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, e dalla collezionista, giornalista ed esperta in comunicazione Giovanna Pesci, avrà il compito di vagliare le opere di arte contemporanea in concorso – esposte in occasione di Opentour – e di assegnare due distinti premi: il Premio della Critica e il Premio dei Collezionisti, ognuno di importo pari a 2.000 euro, rispettivamente finanziati da Banca di Bologna e da Fondazione Carisbo e attribuiti a due opere che verranno acquisite nelle relative collezioni d’arte.

Informazioni sulla mostra

Epilogo, identità dissimili

a cura di Luca Caccioni
con la collaborazione di Mattia Pajè

promossa da
Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Accademia di Belle Arti di Bologna

Sede
Casa Saraceni (via Farini, 15 – Bologna)

Inaugurazione
giovedì 23 giugno ore 15-23

Periodo di apertura
Da giovedì 23 giugno a domenica 24 luglio 2022

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
lunedì chiuso

Ingresso libero

Prorogata fino al 5 giugno a Casa Saraceni la mostra dedicata a Francesco Giuliari “Le cose non stanno che a ricordare”

Prorogata fino al 5 giugno 2022 nelle sale espositive di Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo (via Farini 15, Bologna), l’apertura al pubblico della mostra che nasce dal gesto generoso della moglie di Francesco Giuliari, Laura Coppi Giuliari, la quale ha donato alla Fondazione ventiquattro dipinti, distribuiti tra il 1968 e il 2008, e quarantacinque incisioni che bene illustrano la produzione dell’artista.

Si tratta di una donazione che trova motivazione nei forti legami di Francesco Giuliari con la città di Bologna, dove ha abitato a lungo e dove ha frequentato il Dams laureandosi nell’anno accademico 1975-1976.

La Fondazione Carisbo ha dato alle stampe il catalogo dei dipinti donati e preannuncia una seconda esposizione dedicata esclusivamente alla grafica, con la pubblicazione del catalogo generale della produzione di Francesco Giuliari in questo specifico settore dell’espressione artistica.

La mostra prorogata sarà quindi visitabile anche dal 7 al 15 maggio 2022 in occasione della decima edizione di ART CITY Bologna, il progetto di alleanza culturale nato dalla collaborazione tra Comune di Bologna e BolognaFiere per affiancare con mostre, eventi e iniziative speciali l’annuale svolgimento di Arte Fiera e proporre un’originale esplorazione di musei e luoghi d’arte in città.

Sabato 14 maggio è in programma per l’ART CITY White Night un’apertura straordinaria con orario continuato 10-23.

Il programma completo di ART CITY Bologna 2022 è disponibile sul sito artcity.bologna.it.

Francesco Giuliari
(Verona, 1929 – Forlì, 2010)

Francesco Giuliari nasce a Verona. Frequenta il collegio dei Salesiani e, ottenuta la maturità classica, parte come volontario nell’esercito per la Somalia. La guerra è da poco finita e presso il Protettorato italiano, insieme ad una banda di dubat, pattuglia gli ancora fragili confini somali. Rimane in Africa una decina d’anni, dove – racconta – ha disegnato moltissimo; ma nulla è rimasto.

Al ritorno a Verona si iscrive al Liceo Artistico e frequenta lo studio del pittore Dino Lanaro. A quel periodo risalgono probabilmente i due paesaggi qui esposti, tra le rare opere giovanili superstiti. Apprende contemporaneamente la tecnica dell’incisione all’acquaforte. Ottiene la cattedra al Liceo Artistico e poi all’Accademia di Belle Arti Cignaroli dove insegnerà per oltre vent’anni Storia dell’arte e tecniche pittoriche.

Nel 1971 torna studente: si iscrive al Dams appena fondato e si trasferisce a Bologna. Si laurea nel 1976 con una tesi sulla pittura caravaggesca a Verona. È un periodo felice e fecondo durante il quale lentamente mette a punto il linguaggio che caratterizzerà il suo stile pittorico. Rimanendo estraneo al circuito ufficiale del mercato, dipinge su commissione ritratti o nature morte disseminati di enigmi da decodificare, ricordi personali, citazioni e allusioni tratte dall’arte, dalla storia, dalla filosofia, dalla letteratura.

È socio fondatore dell’AIER, Associazione Incisori Emiliano Romagnoli (oggi ALI). Le sue opere nascono da una lunga gestazione, un periodo di riflessioni, letture e approfondimenti. L’esecuzione invece è rapida, realizzata di getto, senza un disegno preparatorio.

Nel 2001 si trasferisce a Forlì. Qui continua a dipingere e incidere fino al 2008 quando una malattia agli occhi lo conduce progressivamente alla cecità. “Post caecitatem” sono infatti sottoscritti i suoi ultimi lavori. Impossibilitato a dipingere si dedica alla poesia. Non amava le biografie, ricorda la moglie. A chi gliele chiedeva era solito rispondere con la poesia di un’amica, Daria Menicanti, che invita il lettore a non indugiare sui fatti privati, ma ad osservare le opere. Muore nel 2010.

Informazioni sulla mostra

Francesco Giuliari
“Le cose non stanno che a ricordare”

a cura di Angelo Mazza e Mirko Nottoli

Sede
Casa Saraceni (via Farini, 15 – Bologna)

Periodo di apertura
Da venerdì 14 gennaio a domenica 5 giugno 2022

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
Festivi: 17, 18, 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno ore 10-18
lunedì chiuso

Apertura straordinaria
ART CITY White Night 14 maggio ore 10-23

Ingresso libero

Modalità di visita

  • Dal 1° aprile 2022, in applicazione del Decreto Legge n. 24 del 24 marzo 2022, che stabilisce la fine dello Stato di emergenza, per accedere a mostre, musei e altri luoghi della cultura non è più obbligatorio essere in possesso del Green pass (né “rafforzato” né base). Per maggiori informazioni https://cultura.gov.it/comunicato/22550
  • L’uso della mascherina nelle sale espositive è fortemente consigliato

A Palazzo Fava la mostra “La Quadreria del Castello. Pittura emiliana nella Collezione di Michelangelo Poletti”

Genus Bononiae. Musei nella Città presenta fino a domenica 24 luglio 2022 nelle splendide sale affrescate dai Carracci di Palazzo Fava a Bologna la mostra curata da Angelo Mazza La Quadreria del Castello. Pittura emiliana nella Collezione di Michelangelo Poletti. La mostra dà vita a un excursus sulla pittura emiliana dalla fine del ‘400 sino al primo ‘800 presentando importanti opere mai esposte prima d’ora. L’esposizione mette inoltre in evidenza le relazioni e connessioni tra i dipinti e la storia di committenza del luogo che le ospita, Palazzo Fava.

La mostra si compone di ottantacinque opere appartenenti alla collezione creata da Michelangelo Poletti nel suggestivo Castello di San Martino in Soverzano, località della pianura Bolognese. La Collezione Poletti si è formata negli ultimi trent’anni grazie alla passione di un imprenditore sensibile alle ragioni della cultura. La selezione operata dal curatore Angelo Mazza offre una documentazione assai rappresentativa della “Pinacoteca Poletti”, raccolta che comprende la più cospicua e significativa collezione di pittura emiliana in mani private.

Le sei sezioni in cui si articola il percorso espositivo

La prima sezione, ambientata nella Sala del mito di Giasone e Medea, affrescata da Ludovico, Agostino e Annibale Carracci, si intitola I pittori di Palazzo Fava. Pasinelli, Creti, Graziani, Milani e presenta capolavori di Lorenzo Pasinelli, Donato Creti, Ercole Graziani e Aureliano Milani, artisti che proprio a Palazzo Fava si sono formati. Particolarmente degni di menzione sono Rebecca al pozzo disseta Eliezer, eseguito da Pasinelli nel 1665, il San Girolamo penitente opera del 1690 dell’allora diciannovenne Creti con dedica al conte Alessandro Fava e una rarissima terracotta del Creti con la figura di Bacco, che reca la sigla dell’artista.

Il genio femminile. Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Lucia Casalini è la seconda sezione, anch’essa esposta nella Sala di Giasone e Medea. Le donne artiste hanno dato un contributo fondamentale alla storia figurativa di Bologna e la mostra riflette appieno questa realtà con due ritratti di Lavinia Fontana, uno dei quali firmato, tre tele di Elisabetta Sirani, tra le quali l’Alessandro che costringe la profetessa a entrare nel tempio di Apollo a Delfi firmato e datato 1664, e due tele di Lucia Casalini Torelli.

Nella Sala dell’Eneide di Ludovico Carracci si trova la terza sezione Rinascimento e anticlassicismo tra Romagna e centri padani dal “Maestro dei Baldraccani” a “Girolamo Genga e Garofalo. Di questa sezione fa parte la grande tavola con la Madonna e il Bambino coi santi Pietro, Paolo, Francesco d’Assisi e Antonio da Padova, capolavoro della personalità ricostruita da Federico Zeri convenzionalmente denominata “Maestro dei Baldraccani, attiva a Forlì alla fine del sec. XV. Attorno ad essa un nucleo di tavole, espressione peculiare del “Rinascimento nelle Romagne”, ad opera di Marco Palmezzano, Antonio Pirri, Francesco Zaganelli, Girolamo Genga, Girolamo Marchesi da Cotignola e Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo.

La quarta sezione, allestita nella Sala dell’Eneide di Francesco Albani, si intitola Protagonisti del secondo Cinquecento a Bologna. Tra Maniera e Controriforma. Il secondo Cinquecento bolognese è illustrato da artisti di apertura internazionale quali Giovanni Battista Ramenghi detto Bagnacavallo junior con una Sacra Famiglia, San Giovannino e Santa Caterina d’Alessandria, Prospero Fontana con il Ritratto del giureconsulto Floriano Moratti, Bartolomeo Passerotti con il Ritratto di Rodolfo Bonfiglioli, Camillo Procaccini con una giovanile Testa di carattere e con un Sacrificio di Isacco del periodo milanese, Denys Calvaert – pittore di Anversa stabilitosi a Bologna – con un San Giovanni evangelista e un rametto con la Sacra Famiglia e San Giovannino- e Bartolomeo Cesi con il grande quadro Annibale fanciullo giura odio eterno contro i Romani, capolavoro della sua produzione di soggetto profano.

Nella Sala dell’Eneide di Bartolomeo Cesi si trova la quinta sezione, Itinerario nel Seicento. Quadri da stanza, nel segno di «Felsina pittrice», che delinea un itinerario che congiunge due opere fondamentali di Giovanni Andrea Donducci detto il Mastelletta alle opere di maestri usciti dalla bottega di Guido Reni come Giovanni Andrea Sirani, con le luminose tele del San Girolamo penitente e della Carità romana, e il ribelle Simone Cantarini, con un impressionante Filosofo con il compasso; in mostra anche Pier Francesco Cittadini, con l’Allegoria della Primavera entro una ghirlanda.

L’ultima sezione si intitola Maestri e allievi nel Settecento. I pittori dell’Accademia Clementina, nella Sala dell’Eneide degli allievi di Ludovico Carracci. La vivacità del barocchetto bolognese, sotto il segno dell’Accademia Clementina, trova espressione in opere di artisti quali Francesco Monti, Giuseppe Marchesi detto il Sansone, Nicola Bertuzzi e Giuseppe Varotti, per concludersi nella seconda metà del secolo con opere di due protagonisti della scena artistica cittadina, i fratelli Ubaldo e Gaetano Gandolfi, il primo con una testa di carattere del 1776, l’altro con Dalila che consegna a un filisteo la chioma di Sansone e con un doppio modelletto che presenta San Feliciano libera Foligno dalla peste, studi per la pala del duomo della città umbra. Inoltre vengono esposti dipinti di Giovanni Maria Viani e di suo figlio Domenico Maria, quest’ultimo rappresentato in particolare da una coraggiosa tela già nella collezione Hercolani con Sansone cieco e incatenato che fa girare la macina. Di Carlo Cignani si trova l’Allegoria della Carità, anch’essa già nella collezione Hercolani, e del suo allievo Marcantonio Franceschini una Maddalena eseguita nel 1717 per il conte Leone Leoni di Piacenza. È infine presente un raro dipinto giovanile di Felice Giani, Mosé salvato dalle acque del Nilo e affidato alla madre.

Chiude il percorso l’exodus Tra Sette e Ottocento. Due dipinti emblematici: vengono presentati il modelletto di Pelagio Palagi con Isabella d’Aragona chiede protezione a Carlo VIII in visita al duca morente, legato alla grande tela ora nel Museo civico di Lodi con la quale l’artista prese parte all’esposizione di Brera nel 1822 e un dipinto di Jacopo Alessandro Calvi, San Francesco implora la protezione della Madonna sui pellegrini. Quest’ultima opera è stata donata in occasione della mostra da Michelangelo Poletti alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. Il dipinto, acquisito lo scorso anno in un’asta viennese, costituisce il modello preparatorio per una grande tela destinata alla chiesa della compagnia bolognese di Santa Maria delle Laudi, ora nella chiesa di Santa Maria della Vita di Bologna.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Bologna University Press, da un calendario di appuntamenti collaterali dedicati all’esposizione e da un ricco programma di attività educative di approfondimento per il pubblico adulto, per le famiglie e le scuole.

Informazioni sulla mostra

La Quadreria del Castello.
Pittura emiliana nella Collezione di Michelangelo Poletti

a cura di Angelo Mazza

Sede
Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni (via Manzoni, 2 – Bologna)

Periodo di apertura
7 aprile – 24 luglio 2022

Orari di apertura
martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, domenica: ore 10-19
ultimo ingresso ore 18
lunedì chiuso

Ulteriori dettagli, aperture straordinarie e biglietti sul sito di Genus Bononiae.

A Casa Saraceni la mostra dedicata a Francesco Giuliari “Le cose non stanno che a ricordare”

Con l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 24 del 24 marzo 2022, che stabilisce la fine dello Stato di emergenza, dal 1° aprile 2022 per accedere alle sale espositive di Casa Saraceni non è più necessario esibire il Green Pass, rimane obbligatorio l’utilizzo della mascherina chirurgica.

La mostra

Aperta al pubblico nelle sale espositive di Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo (via Farini 15, Bologna), la mostra che nasce dal gesto generoso della moglie di Francesco Giuliari, Laura Coppi Giuliari, la quale ha donato alla Fondazione ventiquattro dipinti, distribuiti tra il 1968 e il 2008, e quarantacinque incisioni che bene illustrano la produzione dell’artista.

Si tratta di una donazione che trova motivazione nei forti legami di Francesco Giuliari con la città di Bologna, dove ha abitato a lungo e dove ha frequentato il Dams laureandosi nell’anno accademico 1975-1976.

La Fondazione Carisbo ha dato alle stampe il catalogo dei dipinti donati e preannuncia una seconda esposizione dedicata esclusivamente alla grafica, con la pubblicazione del catalogo generale della produzione di Francesco Giuliari in questo specifico settore dell’espressione artistica.

Francesco Giuliari
(Verona, 1929 – Forlì, 2010)

Francesco Giuliari nasce a Verona. Frequenta il collegio dei Salesiani e, ottenuta la maturità classica, parte come volontario nell’esercito per la Somalia. La guerra è da poco finita e presso il Protettorato italiano, insieme ad una banda di dubat, pattuglia gli ancora fragili confini somali. Rimane in Africa una decina d’anni, dove – racconta – ha disegnato moltissimo; ma nulla è rimasto.

Al ritorno a Verona si iscrive al Liceo Artistico e frequenta lo studio del pittore Dino Lanaro. A quel periodo risalgono probabilmente i due paesaggi qui esposti, tra le rare opere giovanili superstiti. Apprende contemporaneamente la tecnica dell’incisione all’acquaforte. Ottiene la cattedra al Liceo Artistico e poi all’Accademia di Belle Arti Cignaroli dove insegnerà per oltre vent’anni Storia dell’arte e tecniche pittoriche.

Nel 1971 torna studente: si iscrive al Dams appena fondato e si trasferisce a Bologna. Si laurea nel 1976 con una tesi sulla pittura caravaggesca a Verona. È un periodo felice e fecondo durante il quale lentamente mette a punto il linguaggio che caratterizzerà il suo stile pittorico. Rimanendo estraneo al circuito ufficiale del mercato, dipinge su commissione ritratti o nature morte disseminati di enigmi da decodificare, ricordi personali, citazioni e allusioni tratte dall’arte, dalla storia, dalla filosofia, dalla letteratura.

È socio fondatore dell’AIER, Associazione Incisori Emiliano Romagnoli (oggi ALI). Le sue opere nascono da una lunga gestazione, un periodo di riflessioni, letture e approfondimenti. L’esecuzione invece è rapida, realizzata di getto, senza un disegno preparatorio.

Nel 2001 si trasferisce a Forlì. Qui continua a dipingere e incidere fino al 2008 quando una malattia agli occhi lo conduce progressivamente alla cecità. “Post caecitatem” sono infatti sottoscritti i suoi ultimi lavori. Impossibilitato a dipingere si dedica alla poesia. Non amava le biografie, ricorda la moglie. A chi gliele chiedeva era solito rispondere con la poesia di un’amica, Daria Menicanti, che invita il lettore a non indugiare sui fatti privati, ma ad osservare le opere. Muore nel 2010

Informazioni sulla mostra

Francesco Giuliari
“Le cose non stanno che a ricordare”

a cura di Angelo Mazza e Mirko Nottoli

Sede
Casa Saraceni (via Farini, 15 – Bologna)

Periodo di apertura
Da venerdì 14 gennaio a domenica 1° maggio 2022

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
Festivi: 17, 18, 25 aprile e 1° maggio ore 10-18
lunedì chiuso

Ingresso libero

Modalità di visita

  • Dal 1° aprile 2022, in applicazione del Decreto Legge n. 24 del 24 marzo 2022, che stabilisce la fine dello Stato di emergenza, per accedere a mostre, musei e altri luoghi della cultura non è più obbligatorio essere in possesso del Green pass (né “rafforzato” né base). Per maggiori informazioni https://cultura.gov.it/comunicato/22550
  • Resta obbligatorio indossare la mascherina chirurgica per tutti i visitatori dai 6 anni in su

Mostra “Statuette. Presepi storici della tradizione bolognese”. Dalle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Carisbo

In occasione delle festività natalizie apre al pubblico mercoledì 22 dicembre 2021 a Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo (via Farini, 15 – Bologna), la tradizionale esposizione della raccolta di statuette da presepio dei secoli XVIII-XIX, acquisite nel 2007 sul mercato antiquario dalla Fondazione che ne ha scongiurato lo smembramento e la dispersione.

Le statuette, parte di un nucleo di settanta figure dei secoli XVIII-XIX, provengono da collezioni storiche bolognesi, in particolare da quelle della famiglia Baiesi e della famiglia Zacchia-Rondinini. In origine davano vita a diversi presepi, come indicano la varietà delle dimensioni, le differenti tecniche esecutive e l’oscillante profilo qualitativo.

Agli inizi del Novecento furono oggetto degli interventi critici pionieristici di Francesco Malaguzzi Valeri. Realizzate in terracotta da artisti bolognesi tra Settecento e Ottocento, sono rivestite da vivace e brillante policromia. Si sa che a questo genere di produzione, apparentemente minore, si applicarono anche importanti scultori e plasticatori, quali Giuseppe Maria Mazza, Angelo Piò e il figlio Domenico, Filippo Scandellari e Giacomo De Maria. A quest’ultimo, allievo di Antonio Canova a Roma, spetta la figura della Madonna posta di profilo che attira a sé il Bambino benedicente avvolgendolo circolarmente con le braccia.

Tra le caratteristiche presenze popolari che animano il presepio – in cui si muovono pastori, artigiani, contadini, massaie, angeli e zampognari, ma anche animali da cortile e bestie da soma – sono riconoscibili figure peculiari della tradizione bolognese, come il “dormiglione”.

Risaltano i re magi per il lusso sfrenato dei costumi esotici e le superbe cavalcature trattenute per le briglie dai paggi.

L’esposizione temporanea del folto complesso di statuette rimette straordinariamente in circolo un genere artistico nel quale si combinano brillantezze cromatiche, esotismi orientali ed eleganze settecentesche. Vi trovano inoltre rappresentazione i mestieri scomparsi dell’antico mondo contadino e pastorale, portati alla ribalta con inesauribile fantasia.


Informazioni sulla mostra

Statuette. Presepi storici della tradizione bolognese
Dalle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

Sede
Casa Saraceni
via Farini, 15 – Bologna

Apertura al pubblico
Mercoledì 22 dicembre 2021 dalle ore 15

Periodo di apertura
Da mercoledì 22 dicembre 2021 a domenica 9 gennaio 2022

Orari di apertura
martedì – venerdì ore 15-18
sabato, domenica e festivi (25 e 26 dicembre 2021; 1 e 6 gennaio 2022) ore 10-18
lunedì chiuso

Ingresso libero

Modalità di visita

Si raccomanda di igienizzare le mani con l’apposito gel disinfettante

È obbligatorio essere in possesso del Green pass, la Certificazione verde Covid-19
Il Green pass non è richiesto per le persone escluse per età dalla campagna vaccinale (fino a 12 anni) oppure esenti sulla base di motivazioni mediche certificate.
La Certificazione verde, rilasciata dal Ministero della Salute, si può ottenere:
– dopo essere guariti dal Covid-19 negli ultimi sei mesi;
– dopo aver fatto la vaccinazione anti Covid-19 (viene emessa sia alla prima dose, sia al completamento del ciclo vaccinale);
– dopo essere risultati negativi a un test molecolare o antigenico rapido nelle ultime 48 ore.
Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo https://www.dgc.gov.it

L’ingresso alla mostra è contingentato e sarà consentito a un massimo di 12 visitatori ogni 40 minuti

È obbligatorio indossare la mascherina per tutti i visitatori dai 6 anni in su

A Casa Saraceni la mostra Luigi Vignali e Santo Stefano “qui dicitur Sancta Hjerusalem”. Iconografia del complesso delle ‘Sette chiese’

Si deve alla sensibilità di Catia Mantovan la donazione alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, nel 2020, di ventisette grandi acquerelli dell’architetto Luigi Vignali dedicati al complesso bolognese di Santo Stefano detto delle Sette Chiese; rilevamenti architettonici con piante, sezioni trasversali e prospetti di quei suggestivi edifici, accompagnati dall’attenta descrizione di dettagli decorativi a volte estrapolati dal contesto e oggetto di specifica analisi formale.

Caratterizza i grandi pannelli il singolare connubio tra l’indagine tecnico-scientifica e una coltivata vena artistica che mette in luce la personalità di Luigi Vignali, studioso dell’architettura sacra bolognese, oltre che progettista di nuove chiese, e autore di scritti sul complesso stefaniano, sulla perduta cattedrale di San Pietro, sulla basilica di San Petronio di cui era Fabbriciere e sulle chiese di San Francesco e di Santa Maria dei Servi.

Alla genesi dei rilievi qui esposti sono sottesi tempi lunghi di riflessione che sfociarono nel volume Santo Stefano. Sanctum Stephanum qui dicitur santa Hjerusalem dato alle stampe dall’architetto nel 1991 per i tipi delle Edizioni Luigi Parma. Gli acquerelli e le piante vi sono illustrati a corredo del testo nel suggestivo itinerario sacro, tra chiese, cortile e chiostro, del complesso di Santo Stefano denso di enigmi e rinvii simbolici, nell’alternanza di spazi chiusi e aperti, penombre e improvvisi spiragli di luce.

I grandi pannelli costituiscono inoltre un’originale pagina critica, dal momento che Luigi Vignali se ne servì a sostegno della tesi che vede nel complesso stefaniano (nella sequenza caratterizzante della chiesa di Santo Stefano o del Santo Sepolcro a pianta centrale, voluta originariamente da san Petronio e ricostruita dall’abate Martino agli inizi dell’XI secolo, dell’annesso cortile di Pilato e infine della cappella della Croce, posti in rigoroso allineamento) la riproposizione intenzionale del modello gerosolimitano dell’Anastasis, dell’Atrium/Calvarium e del Martyrium, quanto meno a partire dai tempi dell’abate Martino.
E ciò in forza del confronto con le planimetrie dei luoghi santi di Gerusalemme.

Nel percorso della mostra i grandi pannelli di Vignali dialogano con la folta documentazione visiva sui radicali mutamenti che il complesso di Santo Stefano ha subìto nei secoli, in particolare con gli arditi restauri eseguiti negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, sotto la direzione dell’archeologo Giovanni Gozzadini affiancato da Raffaele Faccioli, e nei primi decenni del Novecento per iniziativa di Giulio Belvederi e di Edoardo Collamarini; demolizioni e stravolgimenti di inquietante rilevanza documentati grazie a dipinti e incisioni di Antonio Basoli, fotografie storiche di Pietro Poppi, disegni, acquerelli e stampe risalenti ai decenni tra Otto e Novecento, tutti appartenenti alle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

Luigi Vignali
(Bologna 1914-2008)

Il consiglio del noto architetto e decoratore Achille Casanova, dato al padre di Luigi Vignali ispettore delle ferrovie, salvò il giovane dall’iscrizione alle scuole tecnico-scientifiche cui sembrava destinato per decisione familiare. Questi poté quindi coltivare le proprie inclinazioni e frequentare l’Istituto Artistico allora unito all’Accademia di Belle Arti. Ebbe, tra i vari maestri, Giorgio Morandi, Silverio Montaguti, Cleto Tomba, Ferruccio Giacomelli, Giovanni Romagnoli.

Conseguita la maturità, passò al Biennio Speciale di Architettura presso la stessa Accademia e partecipò assiduamente agli incontri presso il Caffè San Pietro, luogo di ritrovo di architetti e artisti. Concluse gli studi a Firenze laureandosi in Architettura nell’anno accademico 1939-40, una volta superato il triennio di applicazione.

L’attività professionale svolta nell’arco di mezzo secolo decollò alla conclusione del secondo conflitto mondiale. A Bologna, selezionando tra i numerosi incarichi, si ricordano di sua progettazione il santuario di Borgo San Pietro, il complesso dell’Autostazione in collaborazione con Luigi Riguzzi, la Facoltà di Scienze Economiche in collaborazione con Enea Trenti e l’Istituto Enrico Fermi; cui si aggiunse, tra il 1981 e il 1987, la ristrutturazione del mengoniano palazzo di residenza della Cassa di Risparmio in Bologna.

Parallelamente svolse un’intensa attività didattica, fino al 1980, dapprima presso l’Istituto Tecnico Industriale Aldini Valeriani quindi presso l’Accademia di Belle Arti dove ricoprì anche la carica di Presidente.

È stato aggregato all’Accademia Clementina di Bologna e all’Accademia Nazionale di San Luca a Roma.

Le sue ricerche approdarono numerose alle stampe. Si ricordano il volumetto Ricordi d’Accademia (1989) e le pubblicazioni sull’architettura religiosa bolognese, dal volume sul complesso di Santo Stefano (1991) a quelli sulle chiese di San Francesco (1996), di San Petronio (1996), di San Pietro (1997) e di Santa Maria dei Servi (1998); infine lo studio Dall’antica perduta cattedrale al San Petronio: l’evoluzione dell’architettura sacra a Bologna (2002).

Concluse l’esistenza nel 2008.

Vignali e i restauri storici del complesso di Santo Stefano detto delle ‘Sette chiese’

Le Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna conservano materiali iconografici unici, capaci di raccontare più di due secoli di trasformazioni del complesso di Santo Stefano, uno dei luoghi più antichi e venerati di Bologna.

Tra i materiali più significativi vi sono senza dubbio le stampe provenienti dal volume Cento vedute pittoresche della città di Bologna tratte dai quadri a olio dipinti dal vero da Antonio Basoli, pubblicato nel 1833. Raffrontando queste acquetinte con le fotografie degli interni, realizzate allo scadere del XIX secolo da Pietro Poppi, è possibile ricostruire la complessità del monumento, quando la sua origine tardo antica era ancora celata da altari, dipinti, paramenti e decorazioni barocche.

È nel fermento post-unitario, dominato dal desiderio di restituire ai principali monumenti cittadini l’aspetto che essi dovevano avere in epoca comunale, che l’attenzione di diverse istituzioni locali, tra cui la Regia Deputazione di Storia Patria presieduta dal conte archeologo Giovanni Gozzadini, si concentra sul complesso di Santo Stefano dando avvio, tra il 1876 e il 1894, alla prima grande campagna di restauri, condotta dall’ingegnere Raffaele Faccioli, che riguarderà principalmente la chiesa del Santo Sepolcro e quella dei Santi Vitale e Agricola, oltre al cortile di Pilato.

Le fotografie realizzate da Pietro Poppi tra il 1870 e i primi decenni del secolo successivo rendono evidente il progredire di una pratica di restauro che, smantellando e demolendo sistematicamente tutte le addizioni e le superfetazioni cinque-sei-settecentesche, non si esimeva anche dall’inventare ex novo, per analogia, desumendoli da modelli simili, elementi architettonici e decorativi precedentemente inesistenti.

A partire dagli inizi del XX secolo il complesso abbaziale è al centro di un rinnovato interesse conservativo che si concretizza nella seconda campagna di restauri, svoltasi tra il 1919 e il 1927, sotto la direzione di Edoardo Collamarini, affiancato da monsignor Giulio Belvederi. I restauri – o per meglio dire la “riprogettazione” – giunsero progressivamente a investire l’intero complesso abbaziale coinvolgendo la chiesa della Trinità, quella della Croce con sottostante la cripta e infine il chiostro benedettino.

Anche le ardite trasformazioni avvenute in seguito a questa campagna sono ricostruibili grazie al supporto iconografico di cui si dispone: dipinti, acquerelli, chine e fotografie eseguiti da artisti più o meno noti. A questi materiali si aggiungono ora le ventisette grandi tavole dell’architetto Luigi Vignali, recentemente entrate a fare parte delle Collezioni. Nate in seguito ad una campagna di studi pluridecennali condotti sulle Sette chiese per dimostrarne l’originaria similitudine col Santo Sepolcro realizzato a Gerusalemme, giungono a colmare una lacuna sull’aspetto attuale del santuario.

Informazioni sulla mostra

Luigi Vignali e Santo Stefano “qui dicitur Sancta Hjerusalem”
Iconografia del complesso delle ‘Sette chiese’

a cura di Angelo Mazza, Conservatore delle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Carisbo
con la collaborazione di Benedetta Basevi e Mirko Nottoli

Sede
Casa Saraceni (via Farini, 15 – Bologna)

Periodo di apertura
Da venerdì 22 ottobre a domenica 12 dicembre 2021

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
Festivi: 1 novembre e 8 dicembre ore 10-18
lunedì chiuso

Ingresso libero

Modalità di visita

Si raccomanda di igienizzare le mani con l’apposito gel disinfettante

È obbligatorio essere in possesso del Green pass, la Certificazione verde Covid-19
Il Green pass non è richiesto per le persone escluse per età dalla campagna vaccinale (fino a 12 anni) oppure esenti sulla base di motivazioni mediche certificate.
La Certificazione verde, rilasciata dal Ministero della Salute, si può ottenere:
– dopo essere guariti dal Covid-19 negli ultimi sei mesi;
– dopo aver fatto la vaccinazione anti Covid-19 (viene emessa sia alla prima dose, sia al completamento del ciclo vaccinale);
– dopo essere risultati negativi a un test molecolare o antigenico rapido nelle ultime 48 ore.
Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo https://www.dgc.gov.it

È obbligatorio indossare la mascherina per tutti i visitatori dai 6 anni in su